CONTRATTI CHE SI RINNOVANO TACITAMENTE DOPO L'ENTRATA IN VIGORE DELLA LEGGE N. 431/1998

TRIBUNALE DI FIRENZE – 2 maggio 2003 – Est. Cosentino – Aiazzi c. Migliori – TACITO RINNOVO DEI CONTRATTI DOPO L’ENTRATA IN VIGORE DELLA LEGGE N. 431/1998

 

TRIBUNALE DI FIRENZE

2 maggio 2003.

Est. Cosentino – Aiazzi (avv. Paoletti Romano) c. Migliori (avv. Spina).

Contratto di locazione – Stipulato antecedentemente all’entrata in vigore della L. n. 431/98 – Rinnovo tacito per. mancata disdetta alla prima scadenza successiva all’entrata in vigore della nuova legge – Prima scadenza quadriennale successiva al rinnovo – Disdetta – Presupposti di cui all’art. 3 L. n. 431/98 – Ricorrenza – Necessità.

Il diritto del locatore di disdettare il rapporto alla scadenza del primo quadriennio successivo all’entrata in vigore della legge n. 431/98 è subordinato alle condizioni di cui all’art. 3 della legge medesima. (L. 9 dicembre 1998, n. 431, art. 3).

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. – Con atto di citazione ritualmente notificato il 7 novembre 2002 Pennisi Amelia esponeva di essere proprietaria di un appartamento sito in Ercolano alla via Panoramica n. 218 piano III int. 8, condotto in locazione per uso abitativo da Rinaldi Antonio in virtù di contratto in scadenza al 31 dicembre 2003.

Tanto premesso, intimava licenza per finita locazione alla suddetta data citando contestualmente in giudizio il conduttore per la relativa convalida.

Si costituiva nella fase sommaria del giudizio opponendosi alla intimazione attorea il locatario convenuto il quale eccepiva che il rapporto locatizio, alla scadenza quadriennale del 31 dicembre 1999, si era rinnovato tacitamente per 8 anni ai sensi dell’art. 2 comma 1 L. 431/98 fino al 31 dicembre 2007, chiedendo pertanto dichiararsi la cessazione del rapporto alla suddetta data con vittoria di spese.

Denegata l’ordinanza provvisoria di rilascio e disposto il mutamento del rito da ordinario a locatizio ex artt. 426 e 667 c.p.c., entrambe le parti depositavano memorie integrative nelle quali precisavano le difese già articolate in limine litis.

All’odierna udienza la causa veniva discussa e, all’esito, decisa come dà separato dispositivo letto pubblicamente.

MOTIVI DELLA DECISIONE. – In primo luogo va preso atto della concorde prospettazione dei fatti di causa offerta dalle parti nei rispettivi atti difensivi in ordine alla titolarità del rapporto di locazione dedotto in giudizio in capo ai contendenti, alla sua insorgenza in epoca precedente l’entrata in vigore della legislazione vincolistica e alla sua rinnovazione tacita ex art. 3 L. 392/78 fino alla scadenza immediatamente successiva à quella del. 31 dicembre 1999.

Infatti sulla individuazione concreta della data di costituzione del rapporto la certificazione storico-anagrafica prodotta nel fascicolo attoreo – la quale, pur non potendo assumere efficacia stricto sensu probatoria, offre comunque un significativo indizio della veridicità del fatto documentato dalla pubblica amministrazione, fondato sul presupposto logico della coincidenza temporale dell’annotazione del trasferimento della residenza anagrafica con il cambiamento di abitazione conseguente alla acquisizione della disponibilità dell’immobile oggetto del contratto – attesta per tabulas che il sig. Rinaldi ha stabilito la propria residenza presso l’immobile locato sin dal 1971 e introduce quindi un apprezzabile elemento obiettivo di valutazione del fatto storico rappresentato in quanto acquisisce uno specifico valore presuntivo che può utilmente concorrere alla formazione del convincimento del giudice.

Nella fattispecie in esame la specifica rilevanza indiziaria della documentazione esaminata non risulta contraddetta da ulteriori elementi di segno contrario acquisiti aliunde al processo per cui deve ritenersi che il rapporto dedotto in giudizio sia sorto originariamente nel 1971, in concomitanza con il trasferimento della residenza del locatario presso l’unità immobiliare tuttora nella sua detenzione.

Sotto altro profilo l’indicazione del 131 dicembre 1999 quale data di scadenza del contratto immediatamente precedente quella che ci occupa; anch’éssa concordemente operata dalle parti, trova il suo necessario presupposto logico-giuridico nell’applicazione alla locazione della proroga legale sancita dall’art. 58 lettera c) L. 392/78.

La ricostruzione del nucleo essenziale della vicenda dedotta in giudizio pone dunque in evidenza come il contratto de quo si sia dapprima imperativamente prorogato fino alla scadenza legale del 31 dicembre 1983 in virtù della disposizione imperativa da ultimo richiamata; e abbia poi continuato ad avere regolare esecuzione tra le parti anche nel periodo successivo, per cui deve ritenersi di volta in volta rinnovato per facta concludentia, in virtù delle tacite rinnovazioni susseguitesi ex art. 3 L. 392/78, per effetto della mancata tempestiva formulazione della disdetta da parte della locatrice, alle successive scadenze quadriennali dei 31 dicembre 1987, del 31 dicembre 1991, del 31 dicembre 1995, del 31 dicembre 1999 c dell’ 1 luglio 2003, data di maturazione del termine quadriennale dell’ultima scadenza precedente l’invio della disdetta formulata nell’atto di intimazione per la convalida giudiziale della licenza.

Tutto ciò premesso in ordine alla individuazione della data di costituzione della locazione e del relativo termine di efficacia, essendo intervenuta nelle more dell’esecuzione del rapporto la riforma delle locazioni abitative introdotta dalla L. 431/98, occorre a questo punto procedere alla individuazione della disciplina giuridica applicabile alla fattispecie in esame a seguito dell’ennesima riconduzione tacita della locazione verificatasi per la prima scadenza successiva al dicembre 1998, coincidente con il 31 dicembre 1999.

In proposito l’art. 1 comma 1 L. 431/98 richiama, quanto alle modalità di stipulazione e rinnovazione dei contratti intervenute successivamente all’entrata in vigore della legge di riforma, l’art. 2, comma 1, il quale stabilisce in quattro anni la durata minima del rapporto con automatica rinnovazione per un ulteriore quadrienrllo al compimento della prima scadenza, facendo tuttavia salva la facoltà del locatore di denegare il rinnovo per i motivi tassativamente indicati dal legislatore, mentre il comma 6 della medesima disposizione prevede che i contratti stipulati prima della data di entrata in vigore della legge che vengano a rinnovarsi tacitamente in epoca successiva debbano essere disciplinati dal comrna 1.

Tale articolata disciplina ‘e stata interpretata da autorevole dottrina e da parte della giurisprudenza di merito nel senso della natura integrale e recettizia del rinvio operato dal legislatore nella nonna da ultimo citata, al quale conseguirebbe quindi 1’applicazione della durata rninima legale prevista dall’art. 2 comma 1 anche ai contratti in corso di esecuzione -ià assoggettati alla nonnativa vincolistica che non siano stati tempestivamente disdettati, i quali così verrebbero a confluire nell’ambito applicativo della legislazione di riforma anche ,otto il profilo della durata.

Peraltro la non felicissima formulazione letterale degli artt. 1, comma 1, 2 comma 6 e 14 comma 5 L. 437/98, i quali concorrono a delineare, peraltro in termini tutt’altro che precisi, il regime giuridico applicabile ai contratti cd. in corso, ha indotto una corrente minoritaria della dottrina, sostanzialmente richiamata da parie ricorrente a sostegno delle difese articolate nella fase di merito del giudizio, a maturare un diverso orientamento ermeneutico che prende sostanzialmente le mosse dalla valorizzazione del disposto dell’art. 14 comma 5 nell’ottica sistematica di raccordo delle diverse nonne, il cui contenuto complessivo si presterebbe a essere considerato come intrinsecamente contraddittorio.

La norma in esame sancisce infatti la regola della irretroattività della legge in relazione alla disciplina sostanziale dei rapporti di locazione in corso di esecuzione, i quali quindi, per la loro intera durata; continuerebbero a essere sottoposti «a ogni effetto» alle nonne previgenti.

La formulazione letterale della disposizione lascerebbe quindi trasparire l’intento del legislatore di mantenere in linea di principio del tutto inalterato, tanto sotto il profilo afferente la durata del rapporto che in relazione alle sue condizioni economiche rimaste in ipotesi immutate, il piano normativo già predisposto dalla complessa regolamentazione sostanziale abrogata proprio in virtù dell’espressa previsione della protrazione della sua efficacia fino alla definitiva estinzione della locazione, sicché la piena operatività del sistema vincolistico

dovrebbe rimanere ferma nei casi in cui sia intervenuta la rinnovazione tacita del contratto già in corso di esecuzione.

In tale prospettiva l’innovazione apportata dal richiamo operato dall’art. 2 comma 6 – secondo il quale i coniratti in corso che sì rinnovino tacitamente vengono disciplinati dal comma 1 -investirebbe così soltanto le modalità di formulazione della disdetta alle scadenze successive intervenute nel nuovo periodo contrattuale, in conformità alla disposizione contenuta nella seconda parte del comma 1 dell’art. 2, e non anche l’efficacia quadriennale con ulteriore rinnovazione automatica quale conseguenza della tacita riconduzione contemplata dalla medesima norma, imponendo così al locatore che intenda esercitare il diritto potestativo di recesso rivolto a determinare la definitiva cessazione del contratto di attivare la nuova procedura legale prevista per la rinuncia o per il rinnovo del contratto a nuove condizioni.

Così la transizione del rapporto di locazione in corso nell’ambito applicativo della L. 431/98, quale effetto della mancata manifestazione di volontà di risoluzione, dovrebbe ritenersi circoscritta al solo aspetto della disdetta proprio in ragione della portata della norma generale dettata dall’art. 14 comma 5, la quale sancisce la prosecuzione dell’assoggettamento del rapporto alla disciplina previgente anche in ordine alla durata.

Nondimeno il relatore, pur consapevole delle obiettive difficoltà intimamente connesse alla soluzione del problema interpretativo in esame, ritiene maggiormente rispondente alla ragione e alla portata dell’intero sistema normativo delineato dalla L. 43l/98 l’orientamento che ravvisa 1’integrale trasrnigrazione dei rapporti di locazione già assoggettati alla L. 392/ 78 nell’ambito applicativo dell’art. 2 conuna l I_. 431/98, e quindi anche in relazione alla durata quadriennale del rapporto con automatica rinnovazione per un ulteriore quadriennio per effetto della rinnovazione tacita intervenuta in epoca successiva all’entrata in vigore della legislazione di riforma.

Infatti il contenuto precettivo del combinato disposto degli artt. 1 comma 1 e 2 comma 6, così come chiaramente desumibile dalla formulazione letterale prescelta dal legislatore e dal richiamo integrale ai commi 1 e 3 dell’art. 2 L. 431/98, configura in via generale la rinnovazione dei contratti di locazione a uso abitativo ai sensi dei commi 1 e 3 della L. 431/98, e dunque, nella fattispecie, per la durata di quattro anni più quattro, in quanto il rapporto tacitamente ricondotto dopo il 28 dicembre 1998 viene espressamente assoggettato in via integrale dal legislatore alla correlativa tipologia negoziale introdotta dalla norma citata, per cui non può più rinnovarsi secondo le regole e per la durata stabilite dalle disposizioni legislative abrogate.

In altri termini i contratti di locazione in corso per i quali non sia stata comunicata tempestiva disdetta, dal momento della intervenuta rinnovazione successiva all’entrata in vigore della L. 431/98, risultano regolati dalla legislazione di riforma in conseguenza della mancata manifestazione della volontà del locatore di risolvere il rapporto, sicché la dizione dell’art. 14 comma 5, secondo la quale le norme dettate dalla legislazione previgente continuano ad applicarsi ad ogni effetto ai contratti per la loro intera durata, deve essere intesa in senso limitato al periodo antecedente la riconduzione e successivo al 28 dicembre 1998.

Alla luce delle osservazioni svolte, la locazione che ci occupa deve dunque essere ritenuta attualmente sottoposta alla disciplina di cui all’art. 3 I_. 392/78, per cui, a seguito della rinnovazione tacita intervenuta alla scadenza del 31 dicembre 1999 e della applicazione del rinnovo automatico per un ulteriore quadriennio ex art. 2 L. 431/98, verrà definitivamente a scadenza alla data del 31 dicembre 2007 per effetto della disdetta formulata nell’atto di citazione.

Alla luce delle osservazioni svolte, il rapporto locatizio de quo verrà dunque a cessare alla seconda scadenza quadriennale del 31 dicembre 2007.

Tenuto conto de) contrapposto interesse delle parti e del differimento dell’efficacia del recesso rispetto all’epoca del suo perfezionamento, si stima equo fissare per l’esecuzione della condanna al rilascio dell’immobile locato ex art. 56 L. 392/78 la data del 30 giugno 2008.

La stessa natura della controversia e la controvertibilità delle questioni trattate induce a compensare integralmente tra le parti le spese processuali. (Omissis).

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. – Con citazione notificata il 24 ottobre 2001 il sig. Pietro Aiazzi – premesso di esser proprietario di un immobile ad uso abitativo posto in Sesto F.no, via Gramsci 29, condotto in locazione dal sig. Romano Migliori fin dall’ l settembre 1993 – riferiva che, con raccomandata del 6 dicernbre 2000, aveva disdettato il contratto per la seconda scadenza quadriennale del 31 agosto 2001 e, pertanto, citava il Migliori in giudizio per sentir convalidare lo sfratto per finita locazione, per la suddetta scadenza del 31 agosto 2001, con vittoria di spese.

Si costituiva, il convenuto eccependo l’erroneità della data di scadenza indicata in citazione e osservando che il rapporto era sorto non nel 1993 ma fin dal 1965; che pertanto la sua durata era quella risultante dal disposto dell’art. 58 L. 392/78; che quindi esso si era rinnovato, per mancanza di disdetta, al 31 dicembre degli anni 1983, 1987, 1991, 1995 e 1999; che con tale ultimo tacito rinnovo il rapporto era stato attratto nel regime della legge 431/98, cosicché esso si era ancora rinnovato (al senso dell’ultimo comma dell’art. 2 L. 431/98) fino a131 dicembre 2003, scadenza alla quale avrebbe potuto esser disdettato solo per le ragioni di cui all’art. 3 L. 431/98. Il convenuto concludeva quindi per il rigetto della domanda attorea, con vittoria di spese.

Disposto il mutamento di rito, parte intimante conveniva con il convenuto in ordine all’epoca di decorrenza del rapporto e, conseguentemente, in ordine alla scadenza del medesimo alla data del 31=diccmbre 2003; contestava, però, la tesi secondo cui, a tale scadenza, il rapporto sarebbe stato disdettabile solo per le ragioni di cui all’art. 3 della legge 431/98, concludendo per la declaratoria di cessazione del rapporto al 31 dicembre 2003. La causa veniva decisa, senza svolgimento di istruttoria orale, all’odierna udienza.

MOTIVI DELLA DECISIONE. – La causa presenta questioni di mero diritto; è infatti pacifico che il rapporto è stato tacitamente rinnovato, per mancanza di disdetta, alla prima scadenza (31 dicembre 1999) successiva all’entrata in vigore della legge 431/98; si tratta allora di stabilire se, per la prima scadenza quadriennale successiva a detto rinnovo (31 dicembre 2003), il locatore abbia il diritto di disdettare il contratto liberamente o possa disdettare il contratto solo ove ricorrano i presupposti legittimanti di cui all’art. 3 L. 431/ 98.

La fattispecie è regolata dall’ultimo comma dell’art. 2 della legge 431/98, a mente del quale «I contratti di locazione stipulati prima dell’entrata in vigore della presente legge che

si rinnovino tacitamente sono disciplinati dal comma 1 del presente articolo». Quest’ultima disposizione, a propria volta disciplina la durata del rapporto locatizio c.d. «libero», stabilendo che:

a) il contratto non può avere durata inferiore a quattro anni;

b) decorsi quattro anni i contratti sono rinnovati per altri quattro anni, salvo che il locatore intenda adibire l’immobile agli usi o effettuare sullo stesso le opere di cui all’articolo 3 della legge;

(-) alla seconda scadenza ciascuna delle parti può attivarsi per disdettare il contratto o per proporre alla controparte il rinnovo dello stesso a nuove condizioni; in difetto di tale iniziativa il contratto si rinnova tacitamente.

II tema del decidere consiste nello stabilire se il richiamo alla disciplina del primo comma, contenuto nell’ultimo comma, debba intendersi riferito a tutte le disposizioni contenute nel primo comma o se, al contrario, la disposizione sopra sintetizzata sub h) debba ritenersi esclusa da detto richiamo.

Ad avviso di questo giudice la lettera della legge non lascia spazio ad opzioni interpretative diverse dalla prima.

Il richiamo normativo contenuto nell’ultimo comma («sono disciplinati dal comma 1 del presente articolo») è infatti un richiamo in blocco, che non contiene alcuna distinzione tra le tre disposizioni contenute nel comma richiamato e, dunque, non autorizza l’interprete a ritenerne esclusa alcuna e, per quanto qui interessa, a ritenere esclusa quella sopra sintetizzata al punto bj.

Quest’ultima opzione interpretativa è stata invece sostenuta dalla difesa dell’ intimante, che ha richiamato a suffragio delle sue tesi la sentenza 30 aprile 2002 del Tribunale di Genova (in Foro it. 2002, I, 2912), in cui si afferma che il diritto del locatore di disdettare il rapporto alla scadenza del primo quadriennio successivo all’entrata in vigore della legge 431/ 98 non è subordinato alle condizioni di cui all’art. 3 della legge, sulla base dei due seguenti argomenti:

1) l’argomento testuale consistente nel rilievo che il fatto storico a cui il primo comma ancorerebbe la decorrenza del primo quadriennio sarebbe la «stipula» (non già il rinnovo) del contratto e che, nell’ultimo comma, non si fa alcuna precisazione tesa a manifestare l’ipotetica volontà del legislatore di prescindere da detto riferimento alla «stipula»;

2) l’argomento sistematico secondo cui la ratio della limitazione del potere di disdetta del contratto al termine del primo quadriennio (consistente nella volontà legislativa di garantire, in linea di tendenza e salvo situazioni specificamente tipizzate, una durata dei rapporti locatizi non inferiore ad otto anni) non ricorrerebbe in caso di rinnovo di rapporto già in corso alla data di entrata in vigore della legge 431/98.

Né il primo né il secondo di tali argomenti appaiono condivisibili.

Quanto all’argomento sub 1), sì osserva che esso non tiene conto delle particolari caratteristiche della tecnica di normazione qui utilizzata dal legislatore, ossia la tecnica della normazione per rinvio. Nel primo comma si parla di «stipulare contratti» perché si dettano una serie di disposizioni generali limitativa dell’autonomia privata in materia dì durata delle locazioni abitative; nell’ultimo comma, attraverso la tecnica del rinvio, si prevede che alla medesima disciplina (e dunque alle medesime limitazioni) soggiacciono anche i contratti che «si rinnovino».

L’enfatizzazione del dato testuale del primo comma («stipulare») priverebbe di ogni sionificato il rinvio normativo contenuto nell’ultimo comma. II rilievo della sentenza genovese sull’assenza di specificazioni nell’ultimo comma appare anzi perfettamente reversibile, nel senso che proprio tale assenza di specificazioni impedisce di escludere dall’ambito del rinvio la disposizione sopra sintetizzata sub b).

Quanto all’argomento sub 2), si osserva che effettivamente – se è vero, come è vero, che la ratio della disposizione di cui al primo comma è quella di garantire una durata tendenziale di almeno otto anni ai rapporti locatizi – tale ratio non può ravvisarsi nella disposizione che limita ad ipotesi particolari il diritto del locatore di disdettare il rapporto alla scadenza del quadriennio successivo al primo rinnovo del rapporto posteriore all’entrata in vigore della legge 431/ 98; scadenza alla quale il rapporto arriva dopo aver già consumato una durata di (almeno) otto anni.

Ciò tuttavia non appare decisivo ai fini della ricostruzione dei sistema norrnativo in questione, perché, ancora una volta, si deve tener conto del fatto che il legislatore ha adottato una tecnica di norinazione per rinvio; la legge ha cioè espressarnente esteso la disciplina dettata per i contratti stipulati dopo 1’entrata in vi-ore della legge ai contratti rinnovati dopo tale entrata in vigore. Se i1 legislatore ha regolato così la materia, la ratio di tale disciplina non va ricercata nell’intento di garantire una durata tendenziale di almeno otto anni ai rapporti locatizi (ciò che costituisce la ratio del primo comma), ma deve individuarsi nell’intento di far transitare i «vecchi» contratti, fin dalla loro prima scadenza successiva all’entrata in vigore della leggc 431/98, nel nuovo regime disegnato da tale legge (il cui tratto saliente è proprio, a fronte della libertà del canone, la durata 4+4); così da uniformare quanto più rapidamente possibile il regime normativo di tutti i rapporti di locazione abitativa, siano essi sorti pr7ma o dopo l’entrata in vicore della nuova legge. Né tale scelta legislativa implica particolari pregiudizi per la posizione del locatore, il quale può liberamente disdettare il rapporto alla prima scadenza successiva all’entrata in vigore della legge 431/98 nei casi in cui non sia interessato a mantenere l’immobile locato per altri anni 4+4.

Tanto premesso in diritto, si osserva che la disdetta comunicata dull’Aiazzi al conduttore con la lettera del 30 novembre 2000 era inidonea ad impedire il rinnovo del rapporto alla scadenza del 31 dicembre 2003 (prima scadenza utile successiva alla disdetta, pacifico essendo l’erroneità della scadenza del 30 agosto 2001 indicata in tale comunicazione), in quanto non indicava i motivi del diniego di rinnovo.

La domanda di accertamento della scadenza del rapporto al 31 dicembre 2003, formulata dall’ìntimante nella memoria ex art. 426 c.p.c..depositata il 14 febbraio 2003, va quindi rigettata.

Le spese si compensano. (Omissis).

 

Nota

 

IL LOCATORE LASCIA E RADDOPPIA. ANCORA SUI-LA MANCATA DISDETTA ALLA PRIMA SCADENZA DEI CONTRATTI PRECEDENTI ALLA LEGGE N. 431/1998

L’ultimo comma dell’art. 2 della legge n. 431/1998 ha la Finalità di far transitare verso la nuova disciplina i rapporti di locazione sorti prima dell’entrata in vigore della nuova legge e che quindi possono appartenere alla tipologia dell’equo canone o dei patti in deroga (quello del quale si tratta nella sentenza pronunciata dal Tribunale di Firenze,

sotto nel 1965, aveva attraversato il periodo della proroga legale, quello dell’equo canone ed era entrato nel nuovo regime della legge n. 431/1998, essendosi rinnovato per omessa disdetta del locatore al 31 dicembre 1999). Ora come già si è avuto modo di osservare è indubbio che l’ultimo comma dell’ari. 2 abbia la finalità di favorire il passaggio dei vecchi rapporti nella nuova disciplina, e magari si può anche consentire sulla interpretazione offerta dalla sentenza come uno dei possibili significati dell’ultimo comma dell’art. 2: ma tra i possibili significati di questa norma, è preferibile quello affermato dalla sentenza?

Ora, pur dando per scontato che addurre- inconvenienti applicativi o semplicemente rilevare l’apparente iniquità di certe soluzioni interpretative non costituisce un argomento, tuttavia l’interprete non può non chiedersi, in primo luogo se il significato della combinazione delle due norme (o delle tre nonne, considerato anche l’art. 14 comma 5 della legge; cfr. irífra) sia realmente così chiaro da implicare il divieto di interpretazione (in clari,s non fit iraterpretatio), oppure se vi siano diverse possibili varianti interpretative tra le quali scegliere quella che risponda meglio alla lettera ed alle finalità della legge, e dalla quale discenda l’assetto più equilibrato e se si vuole anche più giusto dei contrapposti interessi delle parti.

Venendo al merito della questione, è pur vero che l’ultimo comma dell’art. 2 della legge n. 431/1998 richiama, apparentemente, l’intero cormna 1 che disciplina la doppia durata quadriennale dei rapporti di locazione c.d. del tipo libero ed i possibili casi di opposizione da parte del locatore al rinnovo del contratto per il secondo quadriennio (lettera b); ma se l’ultimo comma disciplina il rinnovo dei contratti precedenti la legge, pare logico ritenere che la tecnica normativa della «normazione per rinvio» secondo l’espressione della sentenza, valga a limitare il rinvio al corrispondente argomento della rinnovazione prevista in difetto di disdetta dalla seconda parte del comma 1, piuttosto che alla stipulazione ed a tutti í suoi effetti (la costituzione di un nuovo rapporto di locazione), che avrebbe l’effetto di equiparare la omissione di disdetta e quindi una manifestazione di volontà tacita, ad una vera e propria nuova stipulazione.

In effetti, l’analisi del comma 6 evidenzia una prima parte destinata alla individuazione della materia disciplinata (i rapporti contrattuali sorti prima dell’entrata in vigore della legge); ed una seconda parte con la quale si disciplinano gli effetti della rinnovazione tecita successiva all’entrata in vigore della legge, ed a tale scopo si richiama il comma 1. Questo a sua volta, nella prima parte disciplina la stipulazione, e nella seconda, la rinnovazione ed i suoi effetti; e quindi il conmna 6, che non disciplina la stipulazione ma la rinnovazione tacita, nel riferirsi al comma 1 ne richiama solo quella parte che disciplina la rinnovazione e non quella parte che disciplina la stipulazione, poiché diversamente, la legge porrebbe sullo stesso piano la volontà espressa ed il comportamento tacito, ma con ben diversi e più gravosi effetti. E di tutta evidenza che altro è stipulare un contratto accettando la nuova disciplina quanto a durata del rapporto ed a rinnovazione; altro è omettere una disdetta, per di più quando le regole sono cambiate (ma quanto al canone, mantenendo quello previsto dagli ant. 12 e seguenti legge n. 392/1978).

Ed ancora, sempre nello spirito della ricerca dell’interpretazione diretta al miglior assetto degli interessi delle parti, fermo restando, come sopra detto, che gli inconvenienti nell’applicazione delle leggi non sono un argomento, tuttavia

bisogna chiedersi se è logico far discendere dalla omessa disdetta del locatore, che può corrispondere ad una scelta ma anche soltanto ad una dimenticanza o alla difficoltà della interpretazione della nuova disciplina, gli effetti della stipulazione di un nuovo contratto ma a canone invariato, quindi il doppio quadriennio, e questo anche se, come ho avuto modo di rilevare nella precedente nota su questa Rivista n. 3/03, l’ultimo giorno del semestre utile per la disdetta fosse scaduto a cavallo tra la vecchia e la nuova disciplina e, giusto per ipotizzare una fattispecie border lirze, il 2 gennaio 1999. È vero, come dice la sentenza, che il locatore ha la facoltà di disdettare liberamente il rapporto alla prima scadenza successiva all’entrata in vigore della nuova legge, ma facciarno pure il caso (di scuola quanto si vuole, ma pur sempre possibile) del locatore che avesse stipulato il contratto di locazione il 2 luglio e che non essendo appassionato ed assiduo lettore della Gazzetta Uf/ìciale avesse omesso dì consultare il supplemento ordinario di questa, formalmente (ma anche effettivamente’?) uscito il 1,5 dicembre 1998 n. 292 e recante appunto la nuova disciplina delle locazioni. Di quale spatiurn delibernndi avrebbe potuto usufruire il suddetto locatore per valutare se dare o meno disdetta al conduttore, con l’effetto in tale ultimo caso non già di un rinnovo di quattro anni, magari per lui accettabile, ma di due periodi quadriennali, salvi i motivi di opposizione di cui al 1′ art. 3.

Se questa lettura è giusta, non sorgono particolari difficoltà nel coordinamento dell’ultimo comma dell’art. 2 con l’ultimo conuna dell’art. 14 che dispone per i contratti in corso alla data di entrata in vigore della legge continua ad applicarsi la disciplina della legge n. 392/1978. Non si tratta del rapporto tra una norma speciale quale l’art. 1 comma 6 in rapporto di continenza con una norma generale (quale si potrebbe sostenere essere l’art. 14 comma 5), poiché in realtà si tratta di due norme speciali il cui ambito di applicazione è costituito dai contratti in corso all’entrata in vigore della legge. Tali norme non contrastano tra loro, in quanto dal commà 5 dell’art. 14 derivala ultrattività della vecchia disciplina ma solo fino al primo rinnovo, mentre il comrna 6 dell’art. 2, è caratterizzato da un grado di maggiore specialità del comma 5, linvtandosi a regolare gli effetti del rinnovo tacito dei rapporti in corso con introduzione di tali rapporti nella nuova disciplina a partire dal secondo quadriennio, esclusi gli effetti di una vera e propria nuova stipulazione. Dal primo rinnovo tacito può quindi scaturire una serie indefinita di periodi quadriennali, che il locatore può far cessare liberamente con disdetta ad rzutum e non per i motivi previsti dall’art. 3. Resta il problema, per i rapporti acquisiti alla nuova disciplina, delle clausole eventualmente contrastanti con la legge n. 302/1978 a partire dal canone, e dell’eventuale permanenza degli effetti dell’art. 79 di questa le-c, che fin dal primo rinnovo dovrebbero ritenersi esclusi; ma questa come si vede, è un’altra storia.

Nino Scripelliti

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