DURATA DELLA LOCAZIONE NON ABITATIVA

Qualche anno fa stipulai un contratto di locazione per uso non abitativo, e dopo una lunga e complessa trattativa ci accordammo in primo luogo perché io come locatore rinunciassi alla possibilità di disdetta alla prima scadenza di sei anni attribuendo così al contratto la durata di dodici anni; in secondo luogo perché il conduttore mi rimborsasse ratealmente nel corso dei successivi dodici anni, mediante pagamenti mensili di eguale importo, certe spese di manutenzione straordinaria che io avevo sostenuto tre anni prima della stipulazione del contratto, precisando espressamente e chiaramente che si trattava non di canone ma di rimborso di spese. Ora l’inquilino mi rivolge richiesta, per ora informale e verbale, di rimborsargli quanto pagato a questo ultimo titolo, dichiarando anche che non intende pagare per l’avvenire le rate previste, in quanto, a suo dire, tale clausola sarebbe stata illegittima poiché avrebbe posto a suo carico un onere ulteriore rispetto al canone che la legge non prevede. Io sono fortemente perplesso sulla posizione da assumere, perché quello fu un accordo di buona fede e tutto mi sarei aspettato che ora fosse oggetto di contestazione.

 

La giurisprudenza afferma costantemente che, specie in materia di contratti non abitativi e per i quali fin dalla legge del 1978 il canone è da considerarsi del tutto libero, somme extra canone e che non siano sostenute da adeguate giustificazioni, non sono legittimamente pattuibili in quanto verrebbero a costituire un onere oltre il canone che eccede il normale rapporto di equilibrio fra le prestazioni di ambedue le parti. Ora è vero che la pattuizione che abbia per oggetto l’assunzione da parte dell’inquilino delle spese di manutenzione ordinaria e straordinaria, è perfettamente legittima, ma nel caso esposto dal lettore, se ho ben capito, si trattava di spese sostenute alcuni anni prima della stipulazione del contratto, e la cui incidenza sulla condizione e sulla consistenza dell’immobile, avrebbe dovuto essere adeguatamente considerata in sede di accordo sul canone e non in sede di pattuizione di corrispettivo accessorio ed ulteriore rispetto al canone, che la legge n. 392/1978 non prevede. Trascuro poi le implicazioni fiscali di questa situazione che, come è intuibile, potrebbero essere abbastanza delicate e tali da privare il lettore che mi ha posto la domanda, di potere contrattuale in sede di trattative per una amichevole composizione della potenziale controversia, che mi sembra altamente consigliabile.

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