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E' dubbia la legittimazione ad impugnare l’approvazione del Regolamento Urbanistico da parte delle associazioni ambientaliste, dei comitati cittadini, ovvero di qualunque residente nel comune

T.A.R. Toscana, Sezione I, 20 ottobre 2004, n. 5014 – E’ dubbia la legittimazione ad impugnare l’approvazione del Regolamento Urbanistico da parte delle associazioni ambientaliste, dei comitati cittadini, ovvero di qualunque residente nel comune a prescindere dalla concreta esistenza di un suo interesse immediatamente leso

E’ dubbia la legittimazione ad impugnare l’approvazione del Regolamento Urbanistico da parte delle associazioni ambientaliste, dei comitati cittadini, ovvero di qualunque residente nel comune a prescindere dalla concreta esistenza di un suo interesse immediatamente leso

 

T.A.R. Toscana, Sezione I, 20 ottobre 2004, n. 5014
(Sulla legittimazione ad impugnare l’approvazione del Regolamento Urbanistico da parte delle associazioni ambientaliste, dei comitati cittadini, ovvero di qualunque residente nel comune a prescindere dalla concreta esistenza di un suo interesse immediatamente leso)

1. Nella materia urbanistica può essere ammessa l’azione impugnatoria solo da parte di chi abbia effettivamente un legame immediato con il territorio interessato dagli atti di pianificazione: di conseguenza, deve essere esclusa la legittimazione di un’associazione ambientalistica – nella specie, neppure rientrante tra quelle individuate ai sensi dell’art. 13 l. n. 349 del 1986 – ad impugnare atti di pianificazione urbanistica (T.A.R. Lombardia Brescia, 25 agosto 2003, n. 1181).

2. Un comitato cittadino non è legittimato ad impugnare provvedimenti che incidano sul governo del territorio giacché la sua posizione non si presenta differenziata e qualificata rispetto a quella propria della generalità dei cittadini, laddove la legittimazione al sindacato giurisdizionale presuppone la specificazione, con riferimento alla situazione concreta e fattuale, del come, perché ed in quale misura il provvedimento impugnato si rifletta negativamente sulla propria posizione sostanziale, determinandone una lesione concreta, immediata e di carattere attuale (Consiglio Stato, sez. V, 18 novembre 1997, n. 1325).

3. Il Collegio non ritiene di condividere l’orientamento secondo cui ai fini della legittimazione ad impugnare il piano regolatore generale, è sufficiente anche la mera residenza nel comune interessato, in quanto la modificazione operata da uno strumento di pianificazione generale sull’ambiente urbanistico sarebbe tale, e di così ampia portata, che la posizione di ciascun residente resterebbe comunque incisa (T.A.R. Lazio Latina, 31 maggio 2002, n. 656).

4. L’interesse a ricorrere contro gli strumenti di pianificazione urbanistica, che riguardino aree diverse da quelle di proprietà del ricorrente, sussiste allorché la nuova destinazione urbanistica incida sul godimento o sul valore di mercato dell’area o, comunque, su interessi propri del ricorrente stesso (Consiglio Stato, sez. IV, 5 febbraio 1998, n. 207; Consiglio Stato, Sez. IV, 4 marzo 2003, n. 1191). Si deve, quindi, escludere che la mera situazione fattuale di residenza in un comune radichi in capo a ciascun residente una posizione di interesse legittimo che gli consenta l’impugnazione diretta di atti di pianificazione generale del territorio cittadino.

F A T T O
Nell’ambito del procedimento di formazione del nuovo P.R.G., il Comune di Portoferraio, con deliberazione consiliare del 28 giugno 2002, n. 37, approvava il Piano strutturale di cui all’art. 24 della legge reg. n. 5/95. Successivamente, con deliberazione n. 83 del 29 novembre 2002, l’Amministrazione adottava il Regolamento urbanistico che formava oggetto di numerose osservazioni, presentate, in particolar tra gli altri, dal Comitato ricorrente, nonché dalla Regione Toscana e dalla Provincia di Livorno.
Infine, con deliberazione del Consiglio comunale del 6 giugno 2003, n. 45, il Comune intimato approvava definitivamente il Regolamento urbanistico.
Contro tale atto ricorrono il Comitato in intestazione e gli altri consorti in lite. chiedendone l’annullamento, con vittoria di spese e deducendo i motivi che seguono:
1. Illegittimità del provvedimento impugnato per violazione e/o falsa applicazione degli articoli 24, 25, 26, 28 e 30 della legge regionale n. 5/1995. Violazione e/o falsa applicazione del DM n. 1444/1968. Contrasto del Regolamento urbanistico con il Piano strutturale. Eccesso di potere sotto il profilo del difetto di istruttoria. Errore sui presupposti.
2. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2 e 5 del Regolamento comunale sul funzionamento delle commissioni consiliari. Eccesso di potere sotto il profilo dell’errore sui presupposti. Violazione dei principi generali che informano l’operato degli organi consiliari. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990 n. 241. Apoditticità e illogicità della motivazione.
3. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2 e 5 del Regolamento comunale sul funzionamento delle commissioni consiliari. Eccesso di potere sotto il profilo dell’errore sui presupposti. Violazione dei principi generali che informano l’operato degli organi consiliari.
4. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3 del Regolamento comunale sul funzionamento delle commissioni consiliari. Eccesso di potere sotto il profilo dell’errore sui presupposti. Violazione dei principi generali che informano l’operato degli organi consiliari.
5. Illegittimità del provvedimento impugnato per violazione e/o falsa applicazione degli articoli 24, 25, 26, 28 e 30 della legge reg. n. 5/1995. Eccesso di potere sotto il profilo del difetto di istruttoria. Errore sui presupposti.
6. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 28 e 30 della legge reg. n. 5/1995, nonché dell’art. 5 del Piano strutturale. Eccesso di potere sotto il profilo dell’errore sui presupposti.
7. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2 e 5 del Regolamento comunale sul funzionamento delle commissioni consiliari. Eccesso di potere sotto il profilo dell’errore sui presupposti. Violazione dei principi generali che informano l’operato degli organi consiliari. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990 n. 241. Contraddittorietà, illogicità e incongruità della motivazione. Sviamento.
8. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 30 della legge reg. n. 5/1995, nonché dell’art. 5 del Regolamento comunale sul funzionamento delle commissioni consiliari. Violazione dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990 n. 241. Eccesso di potere sotto il profilo dell’apoditticità, illogicità e incongruità della motivazione.
9. Illegittimità del provvedimento impugnato per violazione dell’art. 78 del d.lgs. 10.8.2000, n. 267. Violazione del principio di buon andamento della Pubblica Amministrazione. Sviamento.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata, eccependo l’inammissibilità del gravame ed opponendosi al suo accoglimento nel merito.
Alla pubblica udienza del 9 giugno 2004 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
D I R I T T O
Con il ricorso in esame viene impugnata la deliberazione indicata in epigrafe con la quale è stato approvato il Regolamento urbanistico del Comune di Portoferraio.
Preliminarmente si deve dare atto della rinuncia al gravame da parte dei ricorrenti Ianni Giuseppe e Giani Alberta.
Devono, poi, essere esaminate le eccezioni di inammissibilità del gravame formulate dalla difesa dell’Amministrazione resistente.
Va disattesa d’eccezione di inammissibilità incentrata sull’avere i ricorrenti prestato acquiescenza a tutte le previsioni per gli stessi lesive contenute nel Piano strutturale che non è stato impugnato in questa sede.
Invero, i ricorrenti non avevano alcuna necessità di impugnare il Piano strutturale, essendo, al contrario, il ricorso impostato sull’asserita violazione da parte della deliberazione di approvazione del Regolamento urbanistico delle previsioni generali stabilite con il primo atto.
La difesa del Comune eccepisce, altresì, il difetto di legittimazione attiva del Comitato “Cittadini attivi” e degli altri ricorrenti.
L’eccezione è solo parzialmente fondata.
Osserva in proposito il Collegio che, conformemente a consolidata giurisprudenza, nella materia urbanistica può essere ammessa l’azione impugnatoria solo da parte di chi abbia effettivamente un legame immediato con il territorio interessato dagli atti di pianificazione: di conseguenza, deve essere esclusa la legittimazione di un’associazione ambientalistica – nella specie, neppure rientrante tra quelle individuate ai sensi dell’art. 13 l. n. 349 del 1986 – ad impugnare atti di pianificazione urbanistica (T.A.R. Lombardia Brescia, 25 agosto 2003, n. 1181).
In particolare, è stato affermato, che un comitato cittadino non è legittimato ad impugnare provvedimenti che incidano sul governo del territorio giacché la sua posizione non si presenta differenziata e qualificata rispetto a quella propria della generalità dei cittadini, laddove la legittimazione al sindacato giurisdizionale presuppone la specificazione, con riferimento alla situazione concreta e fattuale, del come, perché ed in quale misura il provvedimento impugnato si rifletta negativamente sulla propria posizione sostanziale, determinandone una lesione concreta, immediata e di carattere attuale (Consiglio Stato, sez. V, 18 novembre 1997, n. 1325).
Analoghe considerazioni devono, almeno in parte, essere svolte per quanto attiene ai ricorrenti persone fisiche.
Il Collegio non ritiene di condividere l’orientamento secondo cui ai fini della legittimazione ad impugnare il piano regolatore generale, è sufficiente anche la mera residenza nel comune interessato, in quanto la modificazione operata da uno strumento di pianificazione generale sull’ambiente urbanistico sarebbe tale, e di così ampia portata, che la posizione di ciascun residente resterebbe comunque incisa (T.A.R. Lazio Latina, 31 maggio 2002, n. 656).
Al contrario, secondo la prevalente opinione, l’interesse a ricorrere contro gli strumenti di pianificazione urbanistica, che riguardino aree diverse da quelle di proprietà del ricorrente, sussiste allorché la nuova destinazione urbanistica incida sul godimento o sul valore di mercato dell’area o, comunque, su interessi propri del ricorrente stesso (Consiglio Stato, sez. IV, 5 febbraio 1998, n. 207; Consiglio Stato, Sez. IV, 4 marzo 2003, n. 1191).
Si deve, quindi, escludere che la mera situazione fattuale di residenza in un comune radichi in capo a ciascun residente una posizione di interesse legittimo che gli consenta l’impugnazione diretta di atti di pianificazione generale del territorio cittadino.
Per tali ragioni deve essere dichiarato il difetto di legittimazione attiva dei ricorrenti Pinto, Biondi, Giannoni, Conti, Rossetti, Pelliccioni, Balestrino, Camici, Danesi, Amicuzi e Cilia per i quali non viene esplicitata quella posizione differenziata che radicherebbe il loro interesse all’azione secondo il principio sancito dall’art. 100 c.p.c.
Il ricorso deve, pertanto, essere esaminato nel merito esclusivamente con riferimento alla posizione dei ricorrenti Diversi Roberto, Davini Alessandro e Diversi Miriana.
In proposito occorre subito precisare che quanto sopra affermato in tema di interesse al ricorso deve necessariamente essere ribadito per ciò che attiene ai singoli mezzi di gravame, quale conseguenza diretta dell’autonomia di ciascun motivo di ricorso rispetto agli altri e della consequenziale affermazione che per cui ciascuna censura, potendo condurre all’annullamento dell’atto impugnato deve essere sorretta da un autonomo interesse.
Ne discende, per quanto attiene alla questione oggetto della controversia, che devono ritenersi inammissibili per difetto di interesse i motivi di impugnazione laddove diretti a censurare aspetti del Regolamento urbanistico non incidenti, neppure indirettamente in senso sfavorevole sui beni di proprietà dei ricorrenti e sulla loro specifica destinazione (T.A.R. Liguria, sez. I, 29 ottobre 2002, n. 1055).
Per le ragioni sopra esposte deve essere dichiarato in parte inammissibile il motivo n. 1, fatta eccezione per quanto dedotto sub. 1.D.
Con tale mezzo di gravame i ricorrenti sig.ri Davini e Diversi si dolgono dell’illegittima inclusione, nella sottozona 5.2 del Regolamento urbanistico, di insediamenti commerciali e produttivi soggetti a piano attuativo per un’estensione di mq. 2.750, in contrasto con quanto previsto dal Piano strutturale.
I ricorrenti radicano il proprio interesse alla censura in esame nella titolarità del diritto di proprietà di alcuni terreni e abitazioni poste nell’ambito della suddetta zona e nella circostanza che nel Piano strutturale tale area era, invece, ricompresa nella UTOE 7, escludendo qualsiasi insediamento commerciale.
In forza di tale posizione qualificata di interesse veniva presentata un’osservazione al Regolamento urbanistico adottato, evidenziando l’incongruenza della scelta operata dall’Amministrazione comunale rispetto alla propensione di carattere squisitamente abitativo della zona, nonché le ricadute negative in capo ai proprietari delle abitazioni per la vicinanza di tali insediamenti produttivi e per l’aumentato carico urbanistico dei luoghi interessati.
La censura merita di essere condivisa.
Si rileva, innanzitutto, che l’osservazione presentata è stata respinta dalla Commissione urbanistica con la motivazione, recepita dalla deliberazione consiliare impugnata, secondo cui essa non sarebbe ammissibile “in quanto l’area commerciale costituisce la zona dei servizi agli insediamenti commerciali esistenti e di previsione” la cui inconferenza rispetto alle argomentazioni dei deducenti appare del tutto evidente.
Se, infatti, è vero che le osservazioni dei privati al piano regolatore generale non costituiscono rimedi giuridici, ma apporti collaborativi ai fini dell’individuazione delle scelte urbanistiche più confacenti all’interesse pubblico urbanistico e quindi l’eventuale motivazione di rigetto può essere sintetica e non necessariamente riferita alle singole osservazioni (T.A.R. Piemonte, sez. I, 9 aprile 1998, n. 229), è altrettanto indubitabile che la motivazione dell’atto deve, comunque, risultare coerente e non contraddittoria in sé e con il contesto argomentativo nel quale si inserisce.
Sotto tale profilo la deliberazione impugnata si presenta dunque del tutto insufficiente. Vi è, peraltro, un ulteriore profilo di natura sostanziale che ne inficia la legittimità.
Come rilevato dai ricorrenti e confermato dall’esame della documentazione prodotta in causa, la sottozona 5.2 interessata era, con il Piano strutturale, inserita nella UTOE 7 che non prevede insediamenti a destinazione d’uso commerciale, con la conseguenza che per compiere tale operazione si è dovuto procedere alla riperimetrazione delle UTOE effettuate dal Piano strutturale.
Sennonché è proprio iniziativa ad essere impedita dalle previsioni del Piano strutturale. L’art. 5, comma 5, di tale atto stabilisce, infatti, che “il R.U. potrà apportare lievi modifiche alle perimetrazioni della cartografia del P.S., esclusivamente per l’adeguamento alla più dettagliata scala cartografica o per la mera correzione di errori materiali”.
Nessuna di tali ipotesi appare ricorrere nella fattispecie con la conseguenza che, limitatamente alla disposizione che riguarda la sottozona 2 della UTOE 5, il Regolamento urbanistico deve essere dichiarato illegittimo e perciò annullato.
Tale dichiarazione, apparendo satisfattiva del limitato interesse dedotto in giudizio dai ricorrenti Davini e Diversi, esime il Collegio dall’esame degli ulteriori motivi che restano assorbiti.
Per le considerazioni che precedono il ricorso deve pertanto essere accolto, nei sensi e nei limiti sopra precisati, conseguendone l’annullamento in parte qua della deliberazione impugnata.
Si ravvisano giusti motivi per disporre la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.
P. Q. M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione I^, definitivamente pronunciando:
– dà atto della rinuncia al ricorso per ricorrenti Ianni Giuseppe e Giani Alberta;
– dichiara in parte inammissibile e in parte accoglie il ricorso in epigrafe, per l’effetto annullando parzialmente l’atto impugnato, nei limiti precisati in motivazione.
Spese compensate.
Così deciso in Firenze, il 9 e 23 giugno 2004, dal Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana, in Camera di Consiglio, con l’intervento dei signori:
dott. Giovanni VACIRCA – Presidente
dott. Andrea MIGLIOZZI – Consigliere
dott. Bernardo MASSARI – Primo referendario, est.
F.to Giovanni Vacirca
F.to Bernardo Massari
F.to Mario Uffreduzzi – Direttore della Segreteria

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