Gravi motivi di recesso

In tema di locazione di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, è sufficiente che il conduttore “manifesti al locatore, con lettera raccomandata o altra modalità equipollente, il grave motivo per cui intende recedere dal contratto, senza avere anche l’onere di spiegare le ragioni di fatto, di diritto o economiche su cui tale motivo è fondato, né di darne la prova, perché queste attività devono esser svolte in caso di contestazione da parte del locatore”. Trattandosi di recesso “titolato”, la comunicazione del conduttore, “ancorché non espressamente previsto dalla norma, non può, tuttavia, prescindere dalla specificazione dei motivi”. La necessità di tale specificazione “inerisce, quindi, al perfezionamento della stessa dichiarazione di recesso e, al contempo, risponde alla finalità di consentire al locatore la precisa e tempestiva contestazione dei relativi motivi sul piano fattuale o della loro idoneità a legittimare il recesso medesimo”. Peraltro, “le ragioni che possono giustificare la liberazione anticipata dal vincolo ai sensi della l. n. 392 del 1978, art. 27, ultimo comma, devono essere determinate da avvenimenti sopravvenuti alla costituzione del rapporto, estranei alla volontà del conduttore e imprevedibili, tali da rendere oltremodo gravosa per quest’ultimo la sua prosecuzione”. Pertanto, “la gravosità della prosecuzione, che deve avere una connotazione oggettiva, non può risolversi nell’unilaterale valutazione effettuata dal conduttore in ordine alla convenienza o meno di continuare il rapporto locativo, e dev’essere, non solo tale da eccedere l’ambito della normale alea contrattuale, ma anche consistere in un sopravvenuto squilibrio tra le prestazioni originarie, tale da incidere significativamente sull’andamento dell’azienda globalmente considerata”.

Così la Cassazione, con ordinanza n. 26618 del 9.9.2022.

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