Imu coniugi: la sentenza della Corte costituzionale

Con la sentenza n. 209, depositata il 12.10.2022, la Corte costituzionale, in tema di definizione di “abitazione principale” ai fini dell’esenzione dall’Imu, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma che definisce quale abitazione principale quella in cui si realizza la contestuale sussistenza del duplice requisito della residenza anagrafica e della dimora abituale non solo del possessore, ma anche del suo nucleo familiare (art. 13, comma 2, quarto periodo, d.l. n. 201/2011, come convertito, e successivamente modificato dall’art. 1, comma 707, lettera b), della l. n. 147/2013), anziché disporre che “[p]er abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente”.

Conseguenzialmente ha dichiarato anche l’illegittimità costituzionale della norma che disponeva che in “caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile” (art. 13, comma 2, quinto periodo, d.l. n. 201/2011, come convertito, e successivamente modificato dall’art. 1, comma 707, lettera b), l. n. 147/2013). È stata inoltre dichiarata incostituzionale la norma che replicava la definizione dell’abitazione principale nella disciplina della cosiddetta “nuova Imu” (art. 1, comma 741, lettera b), primo periodo, l. n. 160/2019) anziché disporre: “per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente”; quella che replicava la fattispecie degli immobili diversi siti nello stesso Comune (art. 1, comma 741, lett. b), secondo periodo, l. n. 160/2019) nonché la norma – nata per contrastare l’ultimo orientamento della Corte di Cassazione sul tema – che disciplinava il caso degli immobili posseduti sempre dai coniugi (o dai componenti l’unione civile) in Comuni diversi (art. 1, comma 741, lettera b), secondo periodo, l. n. 160/2019, come modificato dall’art. 5-decies, comma 1, del d.l. n. 146 /2021).

L’illegittimità della normativa anzidetta (che contrasta con gli artt. 3, 31 e 53 della Costituzione, come anche evidenziato da Confedilizia, che è intervenuta nel giudizio in qualità di amicus curiae “argomentando a sostegno dell’accoglimento delle questioni di legittimità costituzionale”) si basa sulla disparità di trattamento riservata ai coniugi (o ai componenti le unioni civili) nei confronti di meri conviventi di fatto. A fronte di tale importantissima sentenza, si apre ora la strada per il rimborso di quanto indebitamente versato da quei contribuenti che si trovino ad avere la residenza anagrafica e la dimora abituale in un immobile diverso da quello in cui risiede e dimora un altro componente del nucleo familiare. Su questo versante, però, bisogna fare le dovute verifiche. Infatti, come ha evidenziato la Corte, “le dichiarazioni di illegittimità costituzionale (…) valgono a rimuovere i vulnera agli artt. 3, 31 e 53 Cost. imputabili all’attuale disciplina dell’esenzione IMU con riguardo alle abitazioni principali, ma non determinano, in alcun modo, una situazione in cui le cosiddette ‘seconde case’ delle coppie unite in matrimonio o in unione civile ne possano usufruire. Ove queste abbiano la stessa dimora abituale (e quindi principale) l’esenzione spetta una sola volta”. Da questo punto di vista – ha sottolineato la Consulta – il venir meno di automatismi responsabilizza i Comuni e le altre autorità preposte ad effettuare adeguati controlli al riguardo; controlli che la legislazione vigente consente in termini senz’altro efficaci.

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