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La classificazione di una zona ad area agricola non presuppone necessariamente che le aree abbiano effettiva destinazione agricola

T.A.R. Toscana, Sezione I, 1 settembre 2005, n. 4278 – La classificazione di una zona ad area agricola è compatibile con manufatti ed edifici con destinazione commerciale o industriale.

La classificazione di una zona ad area agricola è compatibile con manufatti ed edifici con destinazione commerciale o industriale.

 

FATTO E DIRITTO

Il Sig. *****, odierno ricorrente, riferisce di essere proprietario del terreno posto in Comune di Firenze segnato al N.C.T. foglio n. 65, part. 59 e 362 in Loc. Borgo Galli e lungo la Via di Ugnano, nel quale la ditta *******, di cui lo stesso è legale rappresentante, svolge dal 1971 attività di commercio all’ingrosso di legnami e affini.

Con delibera n. 604/274 del 12 luglio 1993, il Comune di Firenze adottava la Variante Generale al Piano Regolatore e le relative Norme Tecniche di Attuazione, assegnando, ai fini che qui rilevano, destinazione agricola all’area di proprietà del ricorrente.

Tale destinazione, peraltro, confermava quella già attribuita alla medesima area dal precedente P.R.G..

In sede di adozione della Variante da parte del Comune, il ricorrente, in data 22 ottobre 1993, presentava osservazioni chiedendo che la destinazione urbanistica delle particelle di sua proprietà venisse trasformata da zona agricola in zona di integrazione e completamento.

Con deliberazione n. 2169/161 del 17 giugno 1996, recante controdeduzioni alle osservazioni presentate al nuovo P.R.G., il Comune di Firenze respingeva la richiesta di modifica di destinazione avanzata dal ricorrente “in quanto l’eventuale accoglimento contrasterebbe con le esigenze di tutela delle aree agricolo-produttive”.

Con deliberazione del Consiglio Regionale n. 385 del 2 dicembre 1997, la Regione Toscana confermava le posizioni espresse dall’Amministrazione comunale ed approvava la Variante Generale al P.R.G. di Firenze con le raccomandazioni, inviti e prescrizioni indicati nel parere della C.R.T.A. (Commissione Regionale Tecnico-Amministrativa).

Con successiva delibera del Consiglio Comunale n. 141/36 del 9 febbraio 1998, il Comune di Firenze prendeva atto della delibera regionale e concludeva il procedimento di approvazione della Variante Generale al P.R.G..

Con il ricorso indicato in epigrafe il Sig. ******* ha impugnato i provvedimenti relativi al procedimento di approvazione della Variante Generale al P.R.G. sopra richiamati con cui è stata attribuita destinazione agricola alle particelle n. 59 e n. 362 del terreno di sua proprietà.

Deduce a sostegno del gravame:

1) “Eccesso di potere per contraddittorietà – carenza di istruttoria e di motivazione, illogicità manifesta – eccesso di potere per carenza di motivazione in ordine alla natura agricola dell’area”.

La destinazione impressa all’area di sua proprietà poggerebbe su una errata rappresentazione dei luoghi da parte dell’Amministrazione che non avrebbe tenuto conto che tale area oltre ad essere impegnata da quasi trent’anni in attività produttivo-commerciale è inserita in una inarrestabile direttrice di sviluppo edilizio in prevalenza residenziale, e che i fabbricati che vi insistono sono stati oggetto di condono edilizio.

2) “Eccesso di potere per travisamento e contraddittorietà della motivazione, del rigetto della osservazione presentata dal ricorrente. Contraddittorietà per violazione dell’art. 45.1 delle N.T.A.”.

In sede di controdeduzioni all’osservazione dal medesimo ricorrente presentata in relazione alla destinazione impressa all’area di sua proprietà, l’Amministrazione sarebbe incorsa in una errata rappresentazione dei luoghi, come emergerebbe dalla motivazione addotta a giustificazione della reiezione dell’osservazione.

Sostenere, infatti, che “l’eventuale accoglimento contrasterebbe con le esigenze di tutela delle aree agricolo-produttive” significherebbe asserire che l’area in questione sarebbe effettivamente e naturalmente destinata all’esercizio dell’agricoltura, intesa come attività economico-imprenditoriale, lì dove, invece, l’area de qua sarebbe destinata ad attività commerciale consolidatasi da quasi trent’anni, incompatibile con una destinazione agricola intesa non solo come limite ad attività modificative dei luoghi, ma come svolgimento effettivo di coltivazione e di gestione del fondo agricolo.

D’altra parte le stesse N.T.A. approvate contestualmente (art. 45.1), richiamano una definizione sostanziale di aree agricole, come destinate all’esercizio delle attività di cui all’art. 2 L.R. n. 64/1995, che sarebbe incompatibile con l’area de qua.

* * *

Il ricorso è infondato.

Va innanzitutto rilevato che la classificazione del terreno per cui è causa è stata impressa mediante l’adozione di un atto di pianificazione avente valenza generale e non come una variante a carattere particolare.

Non può infatti disconoscersi che i provvedimenti deliberativi qui impugnati – seppure in parte qua – abbiano dato luogo nel loro complesso al nuovo P.R.G., ossia ad una nuova disciplina dell’intero assetto territoriale, in cui le singole determinazioni dell’Amministrazione sono state inserite nell’ambito di valutazioni urbanistiche di più ampio respiro.

E’ evidente che, in tale contesto, non poteva nè può richiedersi all’Amministrazione Comunale la specifica indicazione delle motivazioni sottese ad ogni singola determinazione, bensì unicamente la precisazione delle linee generali di impostazione dell’assetto territoriale complessivamente delineato.

Ne discende che, anche per quanto concerne la conferma della classificazione del terreno di cui si controverte, il Comune di Firenze non era tenuto a fornire specifiche motivazioni in merito alle singole valutazioni, risultando all’uopo sufficiente la indicazione delle ragioni di ordine generala che, nell’ambito del complessivo assetto territoriale, giustificassero il mantenimento della medesima destinazione.

Tale assunto è confermato da tempo da pacifica giurisprudenza che, con riferimento alla disciplina urbanistica, ha sempre riconosciuto che non sussiste un obbligo di motivazione puntuale in ordine alle scelte discrezionali dell’Amministrazione riguardanti la destinazione delle singole aree, oltre quella che si può evincere dai criteri generali di ordine tecnico-discrezionale rinvenibili nella relazione di accompagnamento. Fanno eccezione a tale principio le situazioni che giustificano l’esigenza di una più incisiva e singolare motivazione, che la giurisprudenza ravvisa nel sovradimensionamento degli standards di cui al D.M. n.1444/68, nella lesione di un affidamento qualificato del proprietario scaturente da convenzioni urbanistiche già sottoscritte, nell’esistenza di un giudicato di annullamento di un diniego di concessione edilizia, nella modificazione in zona agricola della destinazione di un’area limitata, interclusa da fondi legittimamente edificati (cfr., per tutte, Cons. St., Ad. plen., 22 dicembre 1999 n.24; Sez. IV, 20 novembre 2000 n.6177).

L’area di proprietà del ricorrente non ricade in alcuna delle fattispecie sopra descritte, in quanto il medesimo non era titolare di alcuna posizione particolarmente qualificata tale da richiedere una specifica motivazione in ordine al terreno di sua proprietà. Per di più, come già precisato, la classificazione quale zona agricola era già stata impressa dal precedente P.R.G., approvato con D.P.R. 5 settembre 1966.

Ciò premesso, va evidenziato che, come si desume dalle N.T.A. adottate dal Comune contestualmente all’adozione della Variante e, segnatamente, per quanto qui interessa, dagli artt. 45 e segg. di dette N.T.A., recanti la disciplina delle zone E (agricole) e delle relative sottozone E1, E2 ed E3, la Variante Generale al P.R.G. aveva tra i suoi obiettivi prioritari quello della tutela del sistema culturale-ambientale esistente, tutela garantita innanzitutto attraverso la delimitazione del Parco storico della collina fiorentina e del Parco dell’Arno, e la conseguente articolazione della Zona agricola E nelle tre sottozone sopra richiamate.

Di queste, la sottozona E3 agricolo-produttiva (disciplinata dall’art. 56 delle N.T.A.) costituisce la zona in cui ricade l’area di proprietà del ricorrente.

E dal rapporto informativo della Direzione Urbanistica del 22 marzo 2005, nonchè dalla relativa documentazione cartografica, si evince chiaramente come la sottozona E3 sia posta all’esterno del perimetro urbano, in un contesto in cui emerge una scarsa urbanizzazione ed in cui la destinazione agricola si correla ad una chiara finalità di conservazione dello stato dei luoghi e della originaria vocazione del territorio.

La scelta dell’Amministrazione risulta, pertanto, preordinata non tanto (e non solo) alla fruibilità del terreno ai fini dell’esercizio dell’attività agricola, quanto al contenimento dell’espansione dell’aggregato urbano, nel rispetto degli obiettivi di tutela del sistema culturale-ambientale del territorio che hanno ispirato le scelte operate dalla Variante Generale al P.R.G..

E, proprio in coerenza con le finalità di tutela del sistema culturale-ambientale sopra richiamate, la richiesta del ricorrente, avanzata con l’osservazione depositata il 22 ottobre 1993, di modificare la destinazione dell’area in questione da zona E-sottozona E3 a zona B-sottozona B2, tale da consentire interventi di nuova edificazione, non è stata accolta dall’Amministrazione perchè in contrasto con le esigenze di tutela delle aree agricolo-produttive.

Motivazione, questa, da ritenersi sufficiente, non solo sulla scorta di tutte le considerazioni innanzi svolte, ma anche tenuto conto del fatto che, secondo pacifica giurisprudenza le osservazioni presentate di privati al P.R.G. adottato dal Comune costituiscono semplici apporti collaborativi dati dai cittadini all formazione dello strumento urbanistico ed il loro rigetto non richiede una specifica motivazione, essendo sufficiente che siano state esaminate e ritenute in contrasto con gli interessi e le considerazioni generali poste a base della formazione del piano.

Nè la scelta dell’Amministrazione appare incongrua se si considera che la classificazione di una zona ad area agricola non presuppone necessariamente – come pretenderebbe invece il ricorrente – che il terreno ivi inserito sia effettivamente destinato ad una attività agricola, potendo insistere sulla predetta area manufatti aventi destinazione commerciale (come quello di cui si asserisce titolare il ricorrente) o addirittura industriale.

Questa Sezione ha avuto, infatti, già occasione di precisare a riguardo (cfr. TAR Toscana, Sez. I, n. 1892 del 7 giugno 2004) che, nella pianificazione urbanistica il vincolo a verde agricolo è ormai per opinione diffusa preordinato non tanto alla mera salvaguardia degli interessi dell’agricoltura, quanto piuttosto alla realizzazione di un migliore equilibrio tra aree edificate ed aree libere, ovvero a preservare una determinata area da un’eccessiva espansione edilizia che ne comprometta i valori ambientali e, dunque, anche a consentire la realizzazione di manufatti nei limiti delle previsioni di PRG ad essa relative (cfr., ex multis, Cons. St., Sez. IV, 10 febbraio 2000 n.721; 6 marzo 1990 n.153; Sez.V, 28 settembre 1993 n.968; TAR Lazio, Sez. II, 14 settembre 1994 n.1028; TAR Lombardia, Sez. I, 2 aprile 1996 n.429). Manufatti che ben possono avere destinazione commerciale o industriale e non agricola, dovendosi avere riguardo esclusivamente al collegamento economico e funzionale con la zona interessata (cfr., Cons. St., Sez. V, 13 aprile 1989 n.204).

Nè dal fatto che il ricorrente abbia realizzato alcuni manufatti funzionali all’attività commerciale (vendita di legname) esercitata sul lotto di sua proprietà (originariamente costruiti sine titulo e successivamente oggetto di autorizzazione in sanatoria n. 123160 del 24 aprile 2001) può trarsi argomento per affermare che tale circostanza avrebbe dovuto determinare la variazione della destinazione impressa all’area di cui si controverte.

A prescindere infatti dalla considerazione che al momento in cui la Variante al P.R.G. è stata (non solo adottata ma anche) approvata ed il procedimento è stato quindi concluso, la realizzazione delle opere per cui è stata chiesta l’autorizzazione in sanatoria era a tutti gli effetti abusiva, non può comunque accogliersi la tesi la tesi secondo cui il conseguimento del condono edilizio attribuirebbe ai proprietari una sorta di diritto o di aspettativa giuridicamente rilevante alla modificazione della zonizzazione urbanistica, secondo i principi affermati dalla costante giurisprudenza e da ultimo anche in alcune recentissime sentenze rese su analoghe fattispecie dalla intestata Sezione (TAR Toscana, Sez. I, n. 1892/04 cit. e 17 novembre 2003 n.5826).

Tale consolidata interpretazione, peraltro, risulta perfettamente coerente con la stessa disciplina urbanistica del Comune di Firenze che, in ordine alla sussistenza di manufatti abusivi sanati, ne prevede la possibilità di consolidamento e riutilizzo nel sedime, “con i volumi e con le destinazioni d’uso sanate” (art. 66.1 delle N.T.A. al P.R.G.): con ciò escludendo la possibilità di ottenere e/o pretendere ulteriori incrementi volumetrici.

Anche sotto tale profilo, pertanto, il mantenimento dell’attuale destinazione dell’area di cui trattasi, oltre ad essere perfettamente compatibile con la presenza dei manufatti condonati, non risulta in alcun modo pregiudizievole in ordine allo svolgimento dell’attività del ricorrente.

Il ricorso si appalesa, quindi, infondato in tutte le sue articolazioni e va, pertanto, respinto.

Sussistono, tuttavia, equi motivi per disporre la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana – Sezione I, respinge il ricorso n.1077/1998 indicato in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Firenze, in data 20 aprile 2005 dal Tribunale amministrativo regionale della Toscana in Camera di consiglio, con l’intervento dei signori:

Giovanni Vacirca Presidente

Andrea Migliozzi Consigliere

Eleonora Di Santo Consigliere rel. est.

F.to Giovanni Vacirca F.to Eleonora Di Santo

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