NEL CASO DI RIALZAMENTO ABUSIVO DEL SOTTOTETTO, LA SANZIONE APPLICABILE E' QUELLA PECUNIARIA
T.A.R. Toscana, Sezione III, 31 maggio 2005, n. 2664 – Nel caso di il rialzamento del sottotetto in assenza di titolo abilitativi, il Comune deve fare applicazione dell’art. 33 (interventi di ristrutturazione edilizia eseguiti senza d.i.a.) che prevede una sanzione pecuniaria “qualora, sulla base di un preventivo e motivato accertamento dell’ufficio tecnico comunale, il ripristino dello stato dei luoghi non sia possibile”.
Nel caso di il rialzamento del sottotetto in assenza di titolo abilitativi, il Comune deve fare applicazione dell’art. 33 (interventi di ristrutturazione edilizia eseguiti senza d.i.a.) che prevede una sanzione pecuniaria “qualora, sulla base di un preventivo e motivato accertamento dell’ufficio tecnico comunale, il ripristino dello stato dei luoghi non sia possibile”.
F A T T O
Con ricorso notificato il 26.5.2004, i signori ************, comproprietari di un immobile residenziale sito nel Comune di ********, hanno chiesto l’annullamento dell’ordinanza n. 81 del 2.4.2004 con cui il Dirigente del servizio tecnico comunale ha ordinato la demolizione delle opere edilizie eseguite sul fabbricato in difformità dalla concessione edilizia; hanno chiesto altresì il risarcimento del danno.
Riferiscono che con autorizzazione assentita il 13.6.2003 n. 45 hanno proceduto alla ristrutturazione dell’immobile e, in difformità dal titolo, hanno leggermente rialzato il tetto per la necessità di inserire un cordolo in cemento armato antisismico; ne è derivata una modesta maggiorazione di altezza (cm. 26) e di volume (mc. 31,40) del sottotetto; l’opera ha consentito di riallineare l’edificio ad un altro in aderenza; hanno quindi presentato istanza di sanatoria, ma hanno ottenuto l’ordinanza impugnata; hanno infine chiesto in data 6.4.2004 l’applicazione della sanzione pecuniaria in luogo di quella demolitoria.
Questi i motivi: 1) violazione degli artt. 4, 31, 33 e 36 della legge regionale n. 52/99, e artt. 33 e 34 del d.p.r. n. 380/2001; eccesso di potere per difetto di motivazione e di presupposti, illogicità e contraddittorietà manifeste, travisamento dei fatti: a fondamento della demolizione si richiama l’art. 31 della l.r. n. 52/99 che è applicabile agli interventi eseguiti in assenza di “concessione”, in totale difformità o con variazioni essenziali, mentre l’intervento edilizio è soggetto a D.I.A. ai sensi dell’art. 4, comma 2, lettera d, n. 3 della l.r. n. 52/99; pertanto dovrebbero trovare applicazione gli artt. 33 (opere eseguite in assenza di d.i.a. o in totale difformità) o 36, comma 3, (opere eseguite in parziale difformità dall’attestazione di conformità) che prevedono una sanzione pecuniaria e non l’acquisizione; il modesto aumento è al di sotto della soglia delle variazioni essenziali; non vi è violazione dell’art. 21 delle N.T.A. né del (ivi) richiamato art. 5; 2) violazione degli artt. 33 e 36 legge regionale n. 52/99, eccesso di potere per carenza di istruttoria, violazione del giusto procedimento, contraddittorietà manifesta, difetto di motivazione e di presupposti: l’accertamento della possibilità della demolizione in luogo della sanzione pecuniaria deve essere preventivo; nella specie la demolizione con l’abbassamento del tetto è di pregiudizio per l’immobile ristrutturato.
Si è costituito il Comune intimato, opponendosi al ricorso
Con ordinanza n. 667/2004 è stata accolta l’istanza cautelare.
All’udienza del 21 aprile 2005 la causa è passata in decisione.
DIRITTO
L’impugnata demolizione è stata irrogata per l’abusivo rialzamento del tetto di un immobile sito in centro storico nel corso di interventi di ristrutturazione edilizia debitamente autorizzati. L’abuso è consistito in un aumento dell’altezza dell’edificio di 40 cm. e di volume pari a mc. 31,40.
Il Comune ha qualificato l’abuso, compiuto su immobile sito in centro storico (zona A), come “non conforme allo strumento urbanistico” e cioè all’art. 21 n.t.a., e ne ha ordinato la demolizione applicando l’art. 31, comma 2, della legge regionale n. 52/99 che dispone appunto la demolizione per opere eseguite “in assenza di concessione, in totale difformità ovvero con variazioni essenziali”.
L’art. 21 delle n.t.a. prevede per le zone A (insediamenti dell’agglomerato antico) anche gli interventi di ristrutturazione edilizia “limitatamente al ripristino, alla sostituzione, allo spostamento di alcuni elementi dell’edificio, purché non comportino sostanziali modifiche all’impianto strutturale e non incidano sull’aspetto esterno”.
Lo stesso Comune nega, nella sua memoria, che l’intervento sia riconducibile all’ipotesi di cui all’art. 4, comma 2, lettera d, n. 3 perché il “rialzamento non ha reso abitabile il sottotetto in quanto privo del necessario requisito dell’altezza” e quindi l’opera non può essere ricompresa tra le ipotesi di ristrutturazione edilizia.
La tesi dei ricorrenti invece (primo motivo) è che l’abuso rientra tra gli interventi di ristrutturazione edilizia soggetti a d.i.a., con conseguente impossibilità di applicare l’art. 31 cit. che si riferisce alla concessione.
Il ricorso è fondato.
L’art. 4, comma 2, lett. d, n. 3 della legge regionale n. 52/99, come modificato dall’art. 4, comma 10, della legge regionale n. 43/2003, elenca tra le opere soggette a d.i.a. “le addizioni funzionali…e limitati interventi necessari per l’adeguamento alla normativa antisismica” e precisa che non è computato ai fini degli indici di fabbricabilità “il rialzamento del sottotetto, al fine di renderlo abitabile senza che si costituiscano nuove unità immobiliari”.
L’intervento è stato effettuato nell’ambito di una ristrutturazione edilizia richiesta per un più razionale utilizzo degli spazi interni mediante (tra l’altro) la riduzione dell’eccessiva altezza del primo piano in modo di avere la “possibilità di aumentare l’altezza del sottotetto che potrà essere adibito ad uso ripostiglio”, nonché mediante “un intervento di ripassatura del manto di copertura la cui entità non è al momento meglio specificabile non essendo chiare le condizioni complessive del tetto”, per cui l’intervento eventualmente necessario “verrà meglio illustrato in una successiva variante in corso d’opera” (cfr. relazione tecnico-illustrativa allegata alla domanda di autorizzazione edilizia – doc. 1 dei ricorrenti); quest’ultima circostanza è stata ribadita nella relazione tecnica di parte del 26.3.2004 (presentata a seguito del provvedimento di sospensione lavori del 21.2.2004), nella quale, inviando la documentazione necessaria “per una migliore comprensione delle effettive difformità sulla realizzazione dell’immobile”, si precisa che nello “stato di progetto autorizzato” non si era stati in grado di stabilire lo stato generale del tetto e quindi le “effettive quote di realizzazione” (doc. 4 dei ricorrenti); si può constatare che effettivamente è stato realizzato un cordolo antismico di 40 cm. sotto il tetto che non esisteva nello stato di progetto.
Trattasi di un “limitato intervento per l’adeguamento alla normativa antisismica” di cui all’art. 4, comma 2, lettera d, n. 3 della legge regionale n. 52/99 e successive modifiche, che consente anche il rialzamento del tetto; e il fatto che la norma preveda tale rialzamento per rendere il locale “abitabile” non può farsene derivare, come invece fa il Comune, che nell’ipotesi non rientri quella in cui il locale “non” sia abitabile, perché nella maggiore previsione è comunque contenuta quella minore.
Nella specie, il Comune non doveva fare applicazione dell’art. 31 della legge regionale n. 52/99 e succ. modif., bensì dell’art. 33 (interventi di ristrutturazione edilizia eseguiti senza d.i.a.) che prevede la demolizione (primo comma), ma dispone anche che (secondo comma) “qualora, sulla base di un preventivo e motivato accertamento dell’ufficio tecnico comunale, il ripristino dello stato dei luoghi non sia possibile” si applica la sanzione pecuniaria in luogo di quella demolitoria.
Il Comune ha omesso di effettuare tale accertamento, sia d’ufficio sia a maggior ragione a seguito dell’istanza dei privati, privilegiando il mero riscontro dell’aumento dell’altezza e del volume.
Per le implicazioni della normativa antisismica, che il Comune ha ignorato, le difformità riscontrate potevano al massimo essere ricondotte nella previsione dell’art. 36 della legge regionale citata, trattandosi di parziale difformità, per la quale opera lo stesso regime della (eventuale) sanzione pecuniaria in luogo di quella demolitoria, e non si prevede in nessun caso l’acquisizione (non prevista nemmeno dall’art. 9 della legge n. 47/85), che invece il Comune ha erroneamente disposto.
In accoglimento del ricorso, pertanto, va annullata l’ordinanza di demolizione impugnata, dovendo il Comune rideterminarsi in ordine alla sanzione irrogabile valutando anche i profili di adeguamento antisismico, del tutto ignorati.
Non può invece essere accolta la domanda di risarcimento del danno in quanto genericamente dedotta e sfornita di qualunque elemento probatorio, senza considerare che la sollecita, concessa sospensione dell’atto impugnato ha evitato qualunque pregiudizio.
Le spese processuali possono essere compensate.
P. Q. M.
il Tribunale amministrativo regionale della Toscana, sezione terza, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato; respinge la domanda di risarcimento del danno; spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze, il 21 aprile 2005, dal Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana, in Camera di Consiglio, con l’intervento dei signori:
Dott. Eugenio LAZZERI – Presidente
Dott. Marcella COLOMBATI – Consigliere, rel. est.
Dott. Filippo MUSILLI – Consigliere
F.to Eugenio Lazzeri
F.to Marcella Colombati