Nullità delle deliberazioni

“L’art. 1137 cod. civ., per sua formulazione non consente di ritenere che la categoria della nullità delle deliberazioni condominiali sia interamente espunta dalla materia delle deliberazioni dell’assemblea dei condòmini, neppure dopo la riforma del 2013. Esistono infatti categorie, nel mondo del diritto, che non sono monopolio del legislatore, ma scaturiscono spontaneamente dal sistema giuridico, al di fuori e prima della legge: accanto alle ipotesi di annullamento, pertanto, devono essere mantenute, quali nullità, le ipotesi residuali in cui sussistano quei vizi talmente radicali da privare la deliberazione di cittadinanza nel modo giuridico. È questo il caso della impossibilità dell’oggetto, in senso materiale o in senso giuridico, da intendersi riferito al contenuto (c.d. decisum) della deliberazione. L’impossibilità materiale dell’oggetto della deliberazione va valutata con riferimento alla concreta possibilità di dare attuazione a quanto deliberato; l’impossibilità giuridica dell’oggetto, invece, va valutata in relazione alle attribuzioni proprie dell’assemblea (…). Perciò, l’assemblea non può perseguire finalità extracondominiali e non può occuparsi dei beni appartenenti in proprietà esclusiva ai singoli condòmini, perché qualsiasi decisione che non attenga alle parti comuni dell’edificio non può essere adottata seguendo il metodo decisionale dell’assemblea, che è il metodo della maggioranza, ma esige il ricorso al metodo contrattuale, fondato sul consenso dei singoli proprietari esclusivi. Allo stesso modo residua quale nullità l’ipotesi della illiceità che ricorre quando la deliberazione condominiale, seppure adottata nell’ambito delle attribuzioni dell’assemblea, risulti avere un contenuto illecito (art. 1343 cod. civ.), nel senso che il decisum risulta contrario a norme imperative, all’ordine pubblico o al buon costume. Sono pure nulle, pertanto, le deliberazioni assembleari che abbiano un contenuto contrario a quelle norme non derogabili dalla volontà dei privati, poste a tutela degli interessi generali della collettività sociale o di interessi particolari che l’ordinamento reputa indisponibili, assicurandone comunque la tutela”.

Così la Cassazione, con sentenza n. 921 del 13.1.2023.

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