Quesiti in materia locatizia e condominiale

Quesito n. 1

Uno degli appartamenti nel complesso condominiale dove vivo è stato venduto ed il nuovo proprietario ha provveduto a ristrutturarlo ricavandone tre appartamenti, collocando all’interno tre nuove porte e posizionando, per il riscaldamento, i contatori e gli sfiati delle caldaie nella proprietà comune. È un suo diritto tutto ciò? Gli appartamenti sono stati messi in vendita e, quando saranno abitati, i criteri di suddivisione delle spese per i consumi, l’ascensore, gli scarichi e le spese di portineria dovranno essere ricalcolati? La tabella millesimale dovrà essere modificata? Il valore commerciale del mio appartamento può diminuire?
Risposta: Come ha di recente confermato la Corte di Cassazione, l’art. 1122 c.c. consente l’esercizio dei poteri del proprietario compreso il potere di frazionare gli appartamenti posti in condominio così come di accorparli, alla condizione che i lavori, le modificazioni e la diversa consistenza dell’unità immobiliare oggetto dei lavori non siano di pregiudizio alle parti comuni ed alle proprietà esclusive degli altri condomini. Il condomino ha quindi il diritto di godere e di disporre dell’appartamento, apportandovi modifiche o trasformazioni che ne possano migliorare la utilizzazione, con il limite di non ledere i diritti degli altri condomini (Cass. Nn. 2493/1967; 2683/1980). In sostanza, l’intervento edilizio compiuto in una delle unità immobiliari poste in condominio, non è consentito se tale realizzazione abbia determinato o sia comunque, seppure potenzialmente, in grado di arrecare pregiudizio all’utilizzazione e al godimento della cose comuni o delle altre unità immobiliari. Si tratta di principi costantemente affermati dalla giurisprudenza, tuttavia nella loro espressione corrente abbastanza astratti e che nella sostanza corrispondono alla parafrasi degli articoli 1102 del codice civile ed in particolare dell’articolo 1122, anche nel nuovo testo a seguito della riforma del condominio (Cass. Sez. II Civ., sentenza 24 giugno 2016, n. 13184).
Occorre però considerare, in primo luogo, che il regolamento condominiale, non necessariamente contrattuale, può vietare o limitare operazioni che incidono sulla consistenza delle unità immobiliari, o subordinarle alla specifica approvazione dell’assemblea; inoltre che secondo l’articolo 69 delle disposizioni di attuazione del codice civile, le tabelle millesimali possono, a maggioranza, essere modificate quando, tra l’altro, vi sia stata una variazione delle unità immobiliari che abbia determinato un’alterazione in misura superiore al 20% dei valori millesimali anche di una sola unità immobiliare. Infatti, per venire al quesito, l’aumento delle unità immobiliari comporterà l’insediamento nell’edificio di ulteriori nuclei familiari e, quindi, una utilizzazione dei beni e dei servizi comuni da parte di un maggior numero di persone. Quanto al deprezzamento dell’immobile in caso di aumento dei residenti, questa conseguenza è verosimile se non probabile, ma si deve anche considerare che se il comportamento del condomino è rimasto nei limiti previsti dalla legge e quindi si deve considerare legittimo esercizio del suo diritto (in questo caso il comportamento del condomino che ha frazionato l’unità immobiliare di sua proprietà), non vi è presupposto di responsabilità e quindi obbligo di risarcimento o di indennizzo.

Quesito n. 2

Ho venduto la nuda proprietà del mio appartamento e continuo ad averne l’usufrutto a vita. Posso far prendere al mio compagno la residenza in tale appartamento, oppure ho necessità del consenso del nudo proprietario? Oppure, posso dare in locazione l’appartamento?

Risposta: Non vi sono limitazioni in proposito. Il presupposto della residenza e più esattamente della iscrizione di una persona nella anagrafe comunale, è una situazione di fatto corrispondente al luogo di dimora abituale e stabile, che chiunque è libero di scegliere, comunicando questa situazione all’ufficio dell’anagrafe del Comune. In proposito è da sottolineare che la residenza rappresenta una scelta ed una decisione della persona, che il Comune ha facoltà di verificare e controllare, e che può dipendere sia dalla proprietà dell’immobile dove si intende richiedere, sia dalla condizione di conduttore o di comodatario. In ogni caso la residenza è una condizione di fatto che dipende esclusivamente dalla volontà del residente, e ciò indipendentemente dal consenso o dal divieto del proprietario dell’immobile. Quindi, se il contratto di locazione vieta la destinazione dell’immobile a dimora stabile ed a residenza, ciò non vuol dire che il Comune debba subordinare la registrazione anagrafica del residente al consenso di chi può disporre dell’appartamento in quanto proprietario o usufruttuario; e salvo ovviamente il diritto di questi di contestare al conduttore la violazione del contratto di locazione o di comodato, qualora le parti abbiano concordemente escluso dagli usi possibili, la dimora fissa ed abituale del conduttore o del comodatario. Va anche tenuto conto che, in caso di morte dell’usufruttuario, il diritto di usufrutto non si trasferisce né al coniuge superstite né al convivente né agli eredi, perché tale diritto si estingue con la morte dell’usufruttuario. Nel caso in cui l’immobile sia condotto in locazione, il comma 44 dell’articolo unico della legge n. 76/2016 meglio nota come legge Cirinnà, stabilisce che in caso di morte del conduttore o di suo recesso dal contratto di locazione, il convivente ha la facoltà di comunicare al locatore che intende succedergli nel contratto. Quanto alla locazione, se l’usufruttuario, come il lettore, non ha accettato particolari limitazioni in tal senso nel contratto di vendita della nuda proprietà, deve essere considerata assolutamente libera.

Quesito n. 3
A seguito dell’ampliamento di alcuni appartamenti nel mio condominio abbiamo rifatto la caratura millesimale di tutti gli appartamenti. Le nuove tabelle sono state approvate a larga maggioranza nell’assemblea condominiale. Le chiedo ora cosa bisogna fare per aggiornare il regolamento di condominio. Ed inoltre da qualche anno ho dato in locazione due unità immobiliari appartenenti al condominio, con contratti nei quali gli inquilini hanno accettato le tabelle allora vigenti. Ho diritto a applicare anche agli inquilini quelle nuove che, per quanto mi riguarda, prevedono un leggero aumento?

Risposta: Il secondo comma dell’articolo 68 delle disposizioni di attuazione del codice civile prevede espressamente che “i valori dei piani o delle porzioni di piano, ragguagliati a quello dell’intero edificio, devono essere espressi in millesimi in apposita tabella allegata al regolamento di condominio”. Ne deriva che le nuove tabelle, una volta approvate dalla assemblea e senza alcuna particolare ulteriore formalità, si considerano per volontà della legge allegate al regolamento esistente, non essendo quindi necessaria alcuna revisione del regolamento di condominio o nuova deliberazione che disponga o dia atto del nuovo allegato al regolamento. Quanto ai rapporti di locazione, se le nuove tabelle non alterano sostanzialmente l’equilibrio degli interessi delle parti e quindi se non aggravano in modo significativo l’onere posto a carico dei conduttori, ritengo che l’accettazione delle tabelle accettate dai conduttori al tempo del contratto di locazione, valga come accettazione di ogni loro legittima variazione, anche in aumento.

Quesito n. 4

Il nostro condominio aveva dato in locazione un appartamento (ex portineria) ad una persona alla quale era stato assegnato, causa grave malattia, un amministratore di sostegno. Recentemente l’inquilino è venuto a mancare ed a detta del nostro legale dobbiamo aspettare un provvedimento del giudice tutelare per rientrare in possesso dell’immobile. Questa informazione corrisponde al vero? L’anno prossimo come dobbiamo dichiarare l’immobile ai fini IRPEF anche se da diverso tempo non percepiamo l’affitto?

Risposta: Se ci sono eredi dell’inquilino spetterà a loro svuotare l’appartamento dei mobili e degli effetti personali e consentire così ai condomini di rientrare in possesso dell’appartamento dell’ex portiere, senza alcun bisogno dell’intervento del giudice tutelare. Ed infatti il rapporto e la funzione dell’amministratore di sostegno cessano automaticamente con il decesso della persona amministrata ed il possesso dell’appartamento passa agli eredi. Se invece l’inquilino deceduto non ha eredi, il Tribunale, anche a richiesta del proprietario dell’appartamento, potrà nominare un curatore dell’eredità giacente, in sostanza un amministratore e liquidatore della eredità, che comunque sarà tenuto a restituire l’appartamento ai proprietari-condomini. Per quanto attiene il regime fiscale e premesso che il debito dei canoni di locazione non pagati si trasferisce agli eventuali eredi in quote proporzionali alle loro quote ereditarie i quali saranno tenuti al pagamento, l’art. 26 T.U.I.R. stabilisce che “I redditi fondiari concorrono, indipendentemente dalla percezione, a formare il reddito complessivo dei soggetti che possiedono gli immobili a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale, salvo quanto stabilito dall’art. 33, per il periodo di imposta in cui si e’ verificato il possesso”. Ne consegue che, giusta o ingiusta (più probabilmente) che sia questa norma, il reddito fondiario da prendere come presupposto dell’imposta sul reddito corrisponde al canone di locazione. Tale norma potrà operare nel tempo solo fino a quando risulterà in vita un contratto di locazione e quindi fino a quando sarà dovuto un canone cioè, in senso proprio, un corrispettivo della locazione. Quando, invece la locazione sia cessata per scadenza del termine (articolo 1574 del Codice civile) o per altro motivo, il reddito per il proprietario corrisponderà a quanto effettivamente riscosso a titolo, non più di canone, ma di indennità di occupazione.

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