Reati edilizi e responsabilità del proprietario “estraneo”

“I reati previsti dall’art. 44 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 devono essere qualificati come reati comuni e non come reati a soggettività ristretta, salvo che per i fatti commessi dal direttore dei lavori e per la fattispecie di inottemperanza all’ordine di sospensione dei lavori impartito dall’Autorità amministrativa. Ne consegue che anche il proprietario «estraneo» (ovvero privo delle qualifiche soggettive specificate all’art. 29 del richiamato decreto: committente, titolare del permesso di costruire, direttore dei lavori) può essere ritenuto responsabile del reato edilizio, purché risulti un suo contributo soggettivo all’altrui abusiva edificazione da valutarsi secondo le regole generali sul concorso di persone nel reato, non essendo sufficiente lasemplice connivenza, attesa l’inapplicabilità dell’art. 40, secondo comma, cod. pen., in quanto non esiste una fonte formale da cui far derivare un obbligo giuridico di controllo sui beni finalizzato ad impedire il reato. Ne segue che la responsabilità del proprietario che non abbia la disponibilità dell’immobile interessato dalle opere abusive, non può essere desunta dal mero rapporto di parentela e dal vincolo di convivenza con il committente delle stesse ma necessita di ulteriori elementi sintomatici della sua partecipazione, anche morale, alla realizzazione del manufatto, come la presentazione della domanda di condono edilizio, la presenza sul posto, lo svolgimento di un’attività di vigilanza dei lavori o l’interesse alla realizzazione dell’opera”.

Così la Cassazione, con sentenza n. 27199 del 14.7.2022.

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