Nel caso di intervento ricadente in zona soggetta a vincolo paesistico, il silenzio assenso sull’istanza di condono non si può formare
T.A.R. Campania Napoli, Sezione IV, 9 marzo 2005, n. 3111 – Nel caso di intervento ricadente in zona soggetta a vincolo paesistico, il silenzio assenso sull’istanza di condono non si può formare.
Ritenuto in fatto
Con il presente ricorso, notificato in data 5.2.1994, la dott.ssa Marcella Sava ha esposto di essere proprietaria di un appartamento di 3 vani, accessori e terrazzino coperto costruito da tempo immemorabile dalla madre, nel giardino annesso alla villa Borgstrom di via Tasso n.601.
Detto immobile è stato sempre destinato all’abitazione del giardiniere della villa, fino all’anno 1980 in cui a seguito della morte del giardiniere fu abolito il servizio.
Agli inizi dello stesso anno l’immobile fu concesso in locazione, ed il contratto con inquilino fu consensualmente risolto agli inizi dell’anno 1983 a seguito degli eventi sismici del novembre 1980.
Dovendo provvedere alla sua riattazione, la ricorrente diede inizio nel luglio 1983 ai lavori di consolidamento statico, ma stante l’assoluta fatiscenze della muratura portante in tufo, vecchia e decrepita, tutta lesionata per il sisma, ella pensò di demolire la vecchia muratura in pietra di tufo e di sostituirla con moderni pilastri in cemento armato con sistema antisismico.
Senonchè, con processo verbale del 10 febbraio 1984 dei Vigili Urbani di Napoli la costruzione fu oggetto di sequestro e con ordinanza n.8198 del 24.4.84, sul presupposto erroneo che tale costruzione fosse illegittima ed abusiva, il sindaco di Napoli ha emesso ordine di demolizione, impugnato innanzi al TAR con il ricorso 3461/84.
Intervenuta la legge 47/85, la Dott.ssa Sava provvide a presentare domanda di sanatoria, assunta agli atti del Comune di Napoli il 10.3.86, e a pagare la relativa oblazione.
Tuttavia, malgrado la presentazione di detta istanza, in data 19.12.1991 l’amministrazione ha provveduto a notificare ulteriore ordinanza di demolizione, avente ad oggetto le medesime opere di cui all’ordinanza n. n.8198 del 24.4.1984 ai fratelli germani della ricorrente, in qualità di comproprietari. Anche tale ordinanza è stata impugnata con ricorso n. 1951/92, e con ordinanza n. 134 del 12.3.1992 il Tribunale ha accolto l’ordinanza incidentale di sospensione.
Non avendo ottenuto la concessione in sanatoria richiesta con domanda del 10.3.86, pur in presenza di tutti i presupposti di fatto e di diritto, la ricorrente ha notificato in data 9.10.1992 atto stragiudiziale di diffida e messa in mora richiedendo il rilascio della stessa, e rimasta la diffida senza esito ha impugnato il silenzio dell’amministrazione con ricorso n.81/93.
Nelle more è intervenuto il provvedimento di diniego, avverso il quale la ricorrente ha proposto ricorso, per i seguenti motivi: 1)
Violazione e falsa applicazione degli artt.31-34 e 35 della legge 47/85 in relazione agli artt.43 e 44 della stessa legge. Eccesso di potere per presupposti erronei, travisamento dei fatti, ingiustizia manifesta e violazione del giusto procedimento.
La ricorrente ha diritto al mantenimento delle opere realizzate ed al completamento delle stesse dopo aver ottenuto la concessione edilizia, avendo ottemperato a tutte le prescrizioni di cui alla legge 47/85, ultimando le opere (struttura portante-tompagni esterni e solaio di copertura) entro la data dell’1.10.83, pagando interamente l’oblazione ai sensi dell’art.34 e presentando ai sensi dell’art.35 domanda di concessione nel temine di legge, corredandola di tutti i documenti richiesti.
Pertanto ha diritto ad ottenere la concessione in sanatoria, come atto dovuto. 2)
Violazione e falsa applicazione dell’art.35 della legge 47/85. Eccesso di potere per contraddittorietà e per carenza assoluta di motivazione.
Infatti, ai sensi dell’articolo 35, comma 12, legge 47/85, decorso il termine perentorio di 24 mesi dalla presentazione della domanda di sanatoria quest’ultima si intende accolta ove l’interessato provveda al pagamento di tutte le somme eventualmente dovute a conguaglio.
In tal senso è sia la giurisprudenza amministrativa che ordinaria.
Formatosi, in tal modo, il silenzio-assenso dell’amministrazione il potere del Sindaco di provvedere espressamente sulla domanda di condono, in senso difforme, deve ritenersi esaurito.
In data 8.3.1994 la ricorrente ha depositato documentazione inerente alla presentazione della domanda di concessione in sanatoria; quindi, in data 28.12.2004, l’amministrazione ha depositato memoria, rilevando l’infondatezza del ricorso nel merito atteso che al fine della condonabilità delle opere in questione risulta mancante il fondamentale presupposto del completamento delle opere stesse entro il 1.10.83, e che comunque il silenzio-assenso non avrebbe potuto validamente formarsi atteso che l’immobile in questione è ubicato in area sottoposta a vincolo paesaggistico ambientale ai sensi della legge 1497/1939 (DM 3.7.62).
In data 24.2.2005 parte ricorrente depositava memoria conclusionale in cui, chiedendo la riunione di tutti i ricorsi connessi pendenti (3461/84;1951/92;81/93;1866/94), insisteva per l’accoglimento del ricorso.
Alla pubblica udienza del 9.3.2005, depositata con l’accordo delle parti documentazione relativa a fotogrammi aerei inerenti alla presunta data di realizzazione delle opere, la causa è stata chiamata e trattenuta per la decisione, come da verbale.
Considerato in diritto
Il ricorso è infondato.
Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente ritiene di vantare un vero e proprio diritto soggettivo ad ottenere la concessione in sanatoria, come “atto dovuto”, avendo ottemperato a tutte le prescrizioni di cui alla legge 47/85 e nella specie all’ultimazione delle opere (struttura portante-tompagni esterni e solaio di copertura) entro la data dell’1.10.83, al pagamento dell’intera l’oblazione ai sensi dell’art.34 nonché presentando, ai sensi dell’art.35, domanda di concessione nel temine di legge, corredandola di tutti i documenti richiesti.
Infatti, di fronte ai poteri autoritativi spettanti alla p.a. in ordine all’esame delle istanze edificatorie, anche di sanatoria, la posizione soggettiva del privato richiedente è configurabile in termini di interesse legittimo pretensivo e non di diritto soggettivo; Ciò vale non solo nei riguardi dell’atto di concessione edilizia, quale provvedimento vincolato e caratterizzato da una minima discrezionalità tecnica, ma anche con riferimento ai provvedimenti di sanatoria, ai quali pure si riconosce natura vincolata (TAR Brescia, 27/4/2000, n.367), dovendo anche in tal caso l’Amministrazione verificare che ricorrano i presupposti previsti dalla legge per il suo rilascio (T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, 20 novembre 2002, n. 7321).
Con la seconda e centrale censura la parte ricorrente ha lamentato la violazione e falsa applicazione degli artt.31-34 e 35 della legge 47/85 in relazione agli artt.43 e 44 della stessa legge, Eccesso di potere per presupposti erronei, travisamento dei fatti, ingiustizia manifesta e violazione del giusto procedimento, sostenendo che, ai sensi della richiamata normativa, l’ istanza di condono presentata per le opere in questione doveva considerarsi già da tempo tacitamente accolta, ben prima, quindi, che il Comune adottasse il diniego impugnato, con la conseguenza che il Comune non poteva adottare l’impugnato provvedimento di diniego.
La parte ricorrente sostiene, in particolare, che si sarebbe formato il silenzio sulla domanda di condono in questione in quanto l’art. 35, comma 12, della legge suddetta prevede che la domanda di condono edilizio si considera accolta trascorso il termine di ventiquattro mesi dalla presentazione della domanda.
In realtà, l’art. 35 comma 17 l. 28 febbraio 1985 n. 47, secondo cui la domanda di condono deve ritenersi accolta per silentium una volta decorso il termine di 24 mesi dalla sua presentazione, persegue la si finalità di snellimento della procedura, ma non modifica le condizioni sostanziali per conseguire la sanatoria; ne deriva che, ove l’opera non sia effettivamente sanabile, diventa irrilevante il decorso del menzionato periodo di 24 mesi e conseguentemente legittimo il provvedimento di diniego (T.A.R. Lazio Latina, 18 ottobre 2004, n. 992; T.A.R. Sicilia Catania, sez. I, 29 giugno 2004, n. 1750).
Orbene, nel caso di specie, come rilevato dall’amministrazione costituita, l’abuso realizzato ricade in zona sottoposta a vincolo paesaggistico ambientale ai sensi della legge 1497/1939 (DM 3.7.62).
Pertanto, se per principio generale è vero che, ai sensi del su richiamato art. 35 della legge n. 47 del 1985, una domanda di condono edilizio deve considerarsi accolta per silenzio (assenso) una volta trascorsi ventiquattro mesi dalla domanda ed adempiuti gli oneri previsti dalla stessa norma, tuttavia il silenzio assenso non si può formare per un intervento ricadente, come nel caso in esame, in zona soggetta a vincolo paesaggistico trattandosi di opere realizzate su zona sottoposta a vincolo, ove al fine del formarsi anche del provvedimento tacito di condono è comunque necessario il nulla osta paesaggistico.
L’art. 32 della legge n. 47 del 1985 prevede infatti che per le opere eseguite su immobili soggetti alle leggi n. 1497 del 1939 e al D.L. n. 312 del 1985, convertito nella legge n. 431 del 1985, <>, il parere delle autorità preposte alla tutela del vincolo deve essere rilasciato entro centoventi giorni e che <>.
La giurisprudenza ha, in proposito, pacificamente chiarito che il rilascio della concessione in sanatoria per abusi realizzati su aree soggette a vincolo presuppone in ogni caso il parere favorevole dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo, in virtù del combinato disposto degli artt. 32 comma 1 e 35 della legge 28 febbraio 1985 n. 47 e ciò vale anche in caso di condono tacito, atteso che il silenzio assenso si forma (decorsi ventiquattro mesi dall’emissione del parere dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo) solo in caso di parere favorevole, e non anche in caso di parere negativo, non potendo l’eventuale inerzia dell’Amministrazione far guadagnare agli interessati un risultato che gli stessi non potrebbero mai conseguire col provvedimento espresso (fra le tante, Consiglio di Stato Sez. VI^ n. 249 del 26/1/2001).
Anche questa Sezione del TAR Campania ha chiarito che l’esistenza di vincoli archeologici e paesistici, anche se imposti successivamente all’opera, esclude in radice il formarsi del silenzio assenso su domanda di condono, per il decorso di due anni dalla domanda. (fra le tante si veda la sentenza n. 4199 del 13/11/2000).
Infatti la regola generale dettata dal comma terzo dell’art. 32 della legge n. 47 del 1985, aggiunto dall’art. 2, comma 44, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, stabilisce che <>.
A tale regola si fa eccezione solo per le cd. “opere minime” che non hanno comportato alcun aumento di volume o superficie.
Infatti, ai sensi del comma due dell’art. 32, aggiunto dall’art. 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 <>.
Orbene, nel caso in esame a nulla giova dissertare se le opere in questione siano da considerarsi o meno “opere minime”, atteso che il parere in questione non risulta comunque essere stato richiesto dalla ricorrente, con la conseguenza che non può ritenersi formato né il silenzio rifiuto né il silenzio assenso di cui alla legge citata.
In sede di rilascio della concessione edilizia in sanatoria per opere ricadenti in zone sottoposte a vincolo, sussiste infatti l’obbligo di acquisire il parere dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo, previsto dall’art. 32 della legge n. 47 del 1985, in relazione all’esistenza del vincolo al momento in cui deve essere valutata la domanda di condono, a prescindere dall’epoca della sua introduzione e di conseguenza anche per le opere eseguite anteriormente all’apposizione del vincolo stesso (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria n. 20 del 22.7.1999).
Del resto questa è stata la lettura che alla norma in questione ha dato la giurisprudenza pacifica (fra le tante, T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, 19 giugno 2003, n. 7596 ,TAR Lazio, sez. 1^ n. 55 del 13.1.1999, Corte Costituzionale, n. 157 dell’8 maggio 1998).
Il mancato rispetto della procedura inerente al rilascio del necessario parere dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo, poi, rende irrilevante altresì approfondire la questione circa il momento di ultimazione delle opere.
Infatti, anche a voler ritenere- ciò che invero non appare, vertendosi comunque in tema di “demolizione e successiva ricostruzione”- che i fotogrammi aerei del 1975 inerenti alla presunta data di realizzazione delle opere in questione siano in grado di contrastare quanto sostenuto dall’amministrazione circa la non condonabilità delle stesse perché non ultimate alla data del 1.10.1983 (cfr.verbale dei VV.UU dell’11.2. 1984 nonché relazione tecnica e rilievo aerofotogrammetrico richiamati dal provvedimento di diniego), comunque sarebbe ostativo al rilascio della concessione quanto esposto circa la necessità di ottenere, nel caso in esame, il prescritto parere dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo. In relazione alla natura della controversia, sussistono giustificati motivi per compensare tra le parti le spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Sezione IV, definitivamente pronunziando sul ricorso in epigrafe, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli, nella camera di consiglio del 9 marzo 2005.
Il Presidente L’Estensore