PROPRIETA’
DIVISIONE EREDITARIA COMPRENDENTE BENI IMMOBILI
“Nella divisione ereditaria non si richiede necessariamente in sede di formazione delle porzioni una assoluta omogeneità delle stesse, ben potendo nell’ambito di ciascuna categoria di beni immobili, mobili e crediti da dividere, taluni di essi essere assegnati per l’intero ad una quota ed altri, sempre per l’intero, ad altra quota, salvi i necessari conguagli, giacché il diritto dei condividenti ad una porzione in natura di ciascuna delle categorie di beni in comunione non consiste nella realizzazione di un frazionamento quotistico delle singole entità appartenenti alla stessa categoria, ma nella proporzionale divisione dei beni compresi nelle tre categorie degli immobili, mobili e crediti dovendo evitarsi un eccessivo frazionamento dei cespiti in comunione che comporti pregiudizi al diritto preminente dei coeredi e dei condividenti in genere di ottenere in sede di divisione una porzione di valore proporzionalmente corrispondente a quello della massa ereditaria, o comunque del complesso da dividere. Pertanto, nell’ipotesi in cui nel patrimonio comune vi siano più immobili da dividere, il giudice del merito deve accertare se l’anzidetto diritto del condividente sia meglio soddisfatto attraverso il frazionamento delle singole entità immobiliari oppure attraverso l’assegnazione di interi immobili ad ogni condividente, salvo conguaglio”.
Così la Cassazione, con ordinanza n. 32640 del 15.12.2024.
PERDITA DI DISPONIBILITÀ E GODIMENTO DELL’IMMOBILE
“Nell’ipotesi di perdita della disponibilità e del godimento dell’immobile in conseguenza dell’attività colposa di terzi, il proprietario è tenuto ad allegare, quanto al danno emergente, la concreta possibilità di godimento perduta e, quanto al lucro cessante, lo specifico pregiudizio subito, sotto il profilo della perdita di occasioni di vendere o locare il bene a un prezzo o a un canone superiore a quello di mercato; a fronte della specifica contestazione del convenuto, la prova può essere fornita anche mediante presunzioni o il richiamo alle nozioni di fatto rientranti nella comune esperienza”.
Così la Cassazione, con sentenza n. 30791 del 2.12.2024.
VINCOLO PERTINENZIALE
“A norma dell’art. 817 c.c., l’esistenza del vincolo pertinenziale postula un elemento oggettivo, consistente nella destinazione di un bene (cosa accessoria) al servizio o all’ornamento di un altro bene (cosa principale), ed un elemento soggettivo, costituito dalla rispondenza di tale destinazione all’effettiva volontà dell’avente diritto di creare il predetto vincolo di strumentalità e complementarietà funzionale”.
Così la Cassazione, con ordinanza n. 30630 del 28.11.2024.
USUCAPIONE DI PROPRIETÀ COMUNE
“Il partecipante alla comunione che intenda dimostrare l’intenzione di possedere non a titolo di compossesso, ma di possesso esclusivo (uti dominus), non ha la necessità di compiere atti di interversio possessionis alla stregua dell’art. 1164 c.c., dovendo, peraltro, il mutamento del titolo consistere in atti integranti un comportamento durevole, tali da evidenziare un possesso esclusivo ed animo domini della cosa, incompatibile con il permanere del compossesso altrui, non essendo al riguardo sufficienti atti soltanto di gestione, consentiti al singolo compartecipante o anche atti familiarmente tollerati dagli altri, o ancora atti che, comportando solo il soddisfacimento di obblighi o l’erogazione di spese per il miglior godimento della cosa comune, non possono dare luogo ad una estensione del potere di fatto sulla cosa nella sfera di altro compossessore”.
Così la Cassazione, con ordinanza n. 30630 del 28.11.2024.
ATTIVITÀ SU SPAZIO SOVRASTANTE IL FONDO ALTRUI
“La sussistenza dell’interesse del proprietario del suolo ad escludere l’attività di terzi, che si svolga nello spazio sovrastante, ai sensi dell’art. 840, secondo comma, c.c., va valutata con riferimento non soltanto all’attuale situazione e destinazione del suolo, ma anche alle sue possibili, future utilizzazioni, sia pure in concreto non individuate, purché compatibili con le caratteristiche e la normale destinazione del suolo medesimo, a nulla rilevando che questo sia attualmente soggetto a servitù incompatibili con l’utilizzazione edificatoria dello spazio ad esso sovrastante da parte del proprietario. Tali limitazioni, infatti, potendo venir meno nel tempo, non escludono che alla futura utilizzazione del suolo possa derivare pregiudizio dalla tolleranza di violazioni corrispondenti all’illegittimo esercizio di nuove servitù, le quali potrebbero costituirsi per usucapione, incidendo, quindi, in via autonoma sulle possibili future utilizzazioni del fondo”.
Così il Tribunale di Milano, con sentenza n. 7835 del 3.9.2024.