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REGISTRO

AGGIORNAMENTO MODELLO RLI

Il 26.11.2024 l’Agenzia delle entrate ha provveduto all’aggiornamento del modello RLI e cioè del modulo da utilizzare per provvedere alla richiesta di registrazione dei contratti di locazione e di affitto di immobili e per gli altri adempimenti quali per esempio, la proroga, il subentro, la rinegoziazione del canone e la risoluzione anticipata del contratto.

In particolare nel modello è stata aggiornata l’informativa sul trattamento dei dati personali mentre nel “QUADRO A-DATI GENERALI” è stata aggiunta la casella “Agevolazioni” e nella SEZIONE I “REGISTRAZIONE-RINEGOZIAZIONE CANONE” la casella “Numero di pagine” è stata modificata in “Numero fogli del contratto”.

Su quest’ultima novità si invita a fare particolare attenzione in quanto l’errata compilazione porta alla debenza di un’imposta di bollo maggiore di quella effettivamente dovuta. Nel merito, infatti, le nuove istruzioni del modello (anch’esse aggiornate il 26.11.2024) spiegano: “Il foglio si intende composto da quattro facciate, la pagina da una facciata. Il foglio non può contenere più di cento linee, per cui se l’atto è formato da 4 facciate che, quindi, costituirebbero 1 foglio, ma il numero delle righe in esso contenuto è ad esempio 101 allora occorre indicare ‘2’, che corrisponde a n. 2 fogli. In caso di rinegoziazione del canone in aumento (mentre per i terreni sia in caso di aumento che di diminuzione) indicare il numero di fogli di cui è composto l’atto di rinegoziazione del canone.”

La casella “Agevolazioni”, invece, può essere utilizzata dagli enti del terzo settore che vogliano usufruire delle agevolazioni per loro previste dall’art. 82, comma 3, del d. lgs. n. 117 del 2017. In questo caso, hanno spiegato le Entrate, per tutti gli enti del terzo settore, comprese le imprese sociali, l’imposta di registro viene calcolata in misura fissa agli atti, ai contratti, alle convenzioni e a ogni altro documento relativo alle attività di interesse generale di cui all’art. 5 del d.lgs. n. 117/2017. L’agevolazione si applica a condizione che tali attività vengano svolte in base ad accreditamento, contratto o convenzione con le amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165/2001, con l’Unione europea, con amministrazioni pubbliche straniere o con altri organismi pubblici di diritto internazionale.

I contratti di locazione posti in essere o richiesti dagli enti di cui al comma 1 dell’art. 82 del decreto sopra citato sono esenti dall’imposta di bollo.
Per finire, si evidenzia che nell’ambito della registrazione telematica è ora necessario indicare il numero di telefono e l’indirizzo mail del richiedente. La mancanza di quest’ultimo dato ci risulta essere bloccante.

TASSAZIONE CLAUSOLA PENALE NEL CONTRATTO DI LOCAZIONE

Alcuni uffici locali dell’Agenzia delle entrate – pur avendo preso atto della recente giurisprudenza della Cassazione che, al riguardo della tassazione della clausola penale contenuta in un contratto di locazione (cfr., da ultimo, Focus Confedilizia n. 36 del 18.10.2024) ha enunciato il principio di diritto secondo il quale, “ai fini di cui all’art. 21 d.P.R. 131/86, la clausola penale (nella specie inserita in un contratto di locazione) non è soggetta a distinta imposta di registro, in quanto sottoposta alla regola dell’imposizione della disposizione più onerosa prevista dal secondo comma della norma citata” – ritengono che, qualora il contratto di locazione sia sottoposto a cedolare secca, essendo nulla l’imposta di registro dovuta, risulti più onerosa e quindi comunque da corrispondersi l’imposta di registro di 200 euro dovuta per la clausola penale.

Tale tesi non appare condivisibile in ragione del fatto che la cedolare è un sistema di tassazione sostitutivo dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e delle relative addizionali, nonché delle imposte di registro e di bollo sul contratto di locazione (ed anche delle imposte di registro e di bollo sulla risoluzione e sulle proroghe del contratto di locazione).

E così hanno chiarito anche i giudici tributari chiamati a pronunciarsi su un caso specifico. Infatti, con la sentenza n. 3806 dell’1.10.2024, la Corte di giustizia tributaria di primo grado di Milano ha accolto il ricorso di un contribuente avverso l’avviso di liquidazione con cui la locale Agenzia delle entrate contestava al locatore il mancato pagamento dell’imposta di registro di 200 euro (oltre sanzioni e interessi) dovuta sulla clausola penale (in caso di mancato pagamento del canone) contenuta in un contratto assoggettato a cedolare secca.

I giudici hanno prima ricordato che la clausola penale è accessoria, non ha vita propria, dipendendo dalla disposizione principale, per poi chiarire che “pertanto anche se il contratto di locazione è soggetto a cedolare secca e non ha scontato imposta di registro, la clausola penale non è soggetta a tassazione. Infatti il versamento dell’imposta sostitutiva evita – proprio in ragione della sua natura formalmente e sostanzialmente ‘sostitutiva’ – non solo l’applicazione dell’imposta di registro sul contratto di locazione ma anche sulle clausole penali in esso eventualmente contenute, imposta a sua volta assorbita nella prima in ragione della norma di cui all’art. 21, comma 2, DPR 131/1986”.

L’Agenzia delle entrate, con la risposta n. 185 del 18.9.2024, ha aderito, in tema di tassazione della clausola penale in un contratto di locazione, all’orientamento della Cassazione più favorevole al contribuente (cfr., da ultimo, Focus Confedilizia dell’1.3.2024, n. 8); orientamento fin da subito sostenuto anche dalla Confedilizia.

La Cassazione, infatti, con la sentenza del 7.2.2024 n. 3466, ha enunciato il seguente principio di diritto (a cui adesso si è uniformata l’Agenzia): «Ai fini di cui all’art. 21 d.P.R. 131/86, la clausola penale (nella specie inserita in un contratto di locazione) non è soggetta a distinta imposta di registro, in quanto sottoposta alla regola dell’imposizione della disposizione più onerosa prevista dal secondo comma della norma citata».

Nella risposta in commento, le Entrate hanno innanzitutto brevemente ricordato la disciplina della clausola penale e le previsioni dettate dall’art. 21 del Testo unico sul registro secondo cui: «Se un atto contiene più disposizioni che non derivano necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre, ciascuna di esse è soggetta ad imposta come se fosse un atto distinto» (comma 1); «Se le disposizioni contenute nell’atto derivano necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre, l’imposta si applica come se l’atto contenesse la sola disposizione che dà luogo all’imposizione più onerosa» (comma 2).

Nel merito, l’Agenzia ha ora condiviso il ragionamento della Cassazione sulla clausola penale in un contratto di locazione e sull’applicazione del secondo comma dell’art. 21 citato (finora invece propendevano per la tesi opposta con applicazione del primo comma).
In sostanza, hanno evidenziato le Entrate, secondo i Supremi giudici la funzione della clausola in esame, desumibile dal dettato normativo degli artt. 1382 e seguenti del codice civile, “non può ritenersi eterogenea rispetto all’obbligazione derivante dal contratto di locazione cui accede, «perché sul piano giuridico, l’obbligazione insorgente dalla clausola penale, sebbene si attivi conseguentemente all’inadempimento dell’obbligazione, non si pone come causa diversa dall’obbligazione principale, alla luce della funzione ripristinatoria e deterrente coercitiva rispetto all’adempimento sua propria, dunque finalizzata a disincentivare e ‘riparare’ l’inadempimento, oltre che introdotta dal legislatore come elemento contrattuale volto a ridurre la conflittualità in caso di inadempienza, tutelando anche in ciò, ab initio, la parte adempiente. È dunque la stessa disposizione di legge che correla gli effetti della clausola penale all’inadempimento contrattuale, con la conseguenza che, assumendo appunto la clausola penale una funzione puramente accessoria e non autonoma come confermato da Cass. del 26.9.2005, n. 1877 rispetto al contratto che la prevede, l’obbligo che da essa deriva non può sussistere autonomamente rispetto all’obbligazione principale […]»”. Alla luce di quanto precede, ha concluso l’Agenzia, si ritiene, in linea generale, che in sede di registrazione del contratto di locazione, contenente una clausola penale (come nel caso di specie), ai sensi del citato art. 21, comma 2, del TUR, sia da applicarsi la tassazione della disposizione che dà luogo all’imposizione più onerosa, tra la disposizione afferente al contratto e quella relativa alla clausola penale stessa.

NUOVO STUDIO DEL NOTARIATO SULLA PLUSVALENZA TASSABILE DA SUPERBONUS

Il Consiglio nazionale del notariato, a seguito dei chiarimenti forniti dall’Agenzia delle entrate con la circolare del 13.6.2024 n. 13, è tornato di nuovo, con lo studio dell’1.7.2024 n. 90-2024/T, sulla questione della plusvalenza tassabile in caso di vendita di un immobile su cui sono stati realizzati interventi usufruendo del superbonus. Alcune indicazioni precedenti, contenute nello studio dell’1.2.2024 n. 15-2024/T, non sono state condivise dall’Amministrazione finanziaria nella suddetta circolare.

Il nuovo studio 90-2024/T, nonostante non concordi con alcune conclusioni della circolare delle Entrate, offre indicazioni pratiche per i notai nei casi concreti.
L’analisi si concentra sulla normativa di cui alla lettera b-bis) all’art. 67 comma 1 del Tuir, che, a partire dall’1.1.2024, include tra i redditi diversi le plusvalenze derivanti dalla cessione di immobili su cui sono stati effettuati interventi con il superbonus conclusi da non più di 10 anni al momento della cessione.

L’attività istruttoria richiesta ai professionisti consiste nel verificare se: il negozio abbia natura onerosa (includendo vendita, permuta, conferimento, transazione immobiliare traslativa, contratto di assistenza con trasferimento immobiliare e datio in solutum, con esclusione, secondo lo studio 90-2024/T, di “tutte le cessioni immobiliari la cui causa non presenta profili di onerosità, come quelle in adempimento agli obblighi di separazione o divorzio tra coniugi”); il venditore possa maturare redditi diversi (potendo essere differenti, sul piano soggettivo, i soggetti passivi d’imposta ex lett. b-bis) e i soggetti esecutori dell’intervento); si sia verificata una plusvalenza (ossia un differenziale positivo su cui calcolare l’imposta); il fabbricato (o parte di esso) ceduto sia stato oggetto di interventi agevolati da superbonus; non ricorra almeno una delle cause di esclusione da plusvalenza previste dalla lett. b-bis).

Lo studio in commento evidenzia che, una volta accertata la generazione di una plusvalenza immobiliare dal negozio giuridico, è necessario stabilire quale normativa applicare quando la stessa fattispecie risulta rilevante sia per le plusvalenze ex lett. b) che per quelle disciplinate dalla lett. b-bis) dell’art. 67 del Tuir. Sul punto, la circolare n. 13/2024 dell’Agenzia delle entrate ha chiarito che esiste un rapporto di sussidiarietà tra le 2 ipotesi.

Il documento esamina anche il rapporto tra i redditi diversi ex lett. b-bis) e quelli ex lett. h) dell’art. 67 del Tuir.
Un esempio trattato riguarda una persona fisica proprietaria da 20 anni di un appartamento non abitazione principale con proprietà esclusiva del lastrico solare su cui ha effettuato lavori con il superbonus. Se una società produttrice e installatrice di pannelli solari offre al proprietario 10.000 euro l’anno per 20 anni per costituire onerosamente il diritto di superficie sul lastrico per permetterne l’installazione, ci si chiede se tale atto rientri nella lett. b-bis) o nella lett. h). Secondo il Notariato, si applicherebbe la norma prevista dalla lett. h) dell’art. 67 del Tuir. In questo caso, infatti, “la costituzione del diritto di superficie, anche se effettuata su un bene soggetto a interventi ammessi al superbonus, farà maturare al cedente/costituente che è rimasto titolare della proprietà gravata dal diritto di superficie un reddito diverso ai sensi dell’art. 67 lett. h) e non una plusvalenza ai sensi della lett. b-bis) dello stesso articolo”.

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