Widget not found!

NEWS SENTENZE CONDOMINIO

RISCOSSIONE DEI CONTRIBUTI CONDOMINIALI E OPPOSIZIONE A DECRETO INGIUNTIVO

“Nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, il giudice deve accogliere l’opposizione qualora la delibera condominiale abbia perduto la sua efficacia, per esserne stata l’esecuzione sospesa dal giudice dell’impugnazione, ex art. 1137, secondo comma, c.c., o per avere questi, con sentenza sopravvenuta alla decisione di merito nel giudizio di opposizione ancorché non passata in giudicato, annullato la deliberazione; né opera, con riferimento a detta sentenza, il divieto di produzione nel giudizio di cassazione, di cui all’art. 372 c.p.c., il quale si riferisce esclusivamente ai documenti che avrebbero potuto essere prodotti nel giudizio di merito e non si estende a quelli, successivi, comprovanti il venir meno dell’efficacia della deliberazione posta a base del provvedimento monitorio opposto”.

Così la Cassazione, con ordinanza n. 33141 del 18.12.2024.

APERTURA DI UN VARCO NEL MURO COMUNE

“È illegittima l’apertura di un varco nel muro divisorio volta a collegare locali di proprietà esclusiva del medesimo soggetto, tra loro attigui ma ubicati ciascuno in uno dei due diversi condominii, in quanto una simile utilizzazione comporta la cessione del godimento di un bene comune, quale è, ai sensi dell’art. 1117 c.c., il muro perimetrale di delimitazione del condominio (anche in difetto di funzione portante), in favore di una proprietà estranea ad esso, con conseguente imposizione di una servitù per la cui costituzione è necessario il consenso scritto di tutti i condòmini”.

Così la Cassazione, con sentenza n. 32683 del 16.12.2024.

NULLITÀ E ANNULLABILITÀ DELLE DELIBERE CONDOMINIALI

“In tema di condominio degli edifici, l’azione di annullamento delle delibere assembleari costituisce la regola generale, ai sensi dell’art. 1137 c.c., come modificato dall’art. 15 della L. n. 220 del 2012, mentre la categoria della nullità ha un’estensione residuale ed è rinvenibile nelle seguenti ipotesi: mancanza originaria degli elementi costitutivi essenziali, impossibilità dell’oggetto in senso materiale o giuridico – quest’ultima da valutarsi in relazione al «difetto assoluto di attribuzioni» –, contenuto illecito, ossia contrario a «norme imperative» o all’«ordine pubblico» o al «buon costume»”. Ciò posto, con particolare riferimento alla ripartizione delle spese, “sono nulle le deliberazioni con le quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i generali criteri di ripartizione delle spese previsti dalla legge o dalla convenzione, da valere per il futuro, trattandosi di materia che esula dalle attribuzioni dell’assemblea previste dall’art. 1135, nn. 2) e 3), c.c., mentre sono meramente annullabili le deliberazioni aventi ad oggetto la ripartizione in concreto tra i condòmini delle spese relative alla gestione delle parti e dei servizi comuni adottate in violazione dei criteri generali previsti dalla legge o dalla convenzione stessi, trattandosi di deliberazioni assunte nell’esercizio di dette attribuzioni assembleari, cosicché la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza previsto dall’art. 1137, secondo comma, c.c.”.

Così la Cassazione, con ordinanza n. 32463 del 13.12.2024.

RIPARTIZIONE DELLE SPESE CONDOMINIALI

“Vanno ripartite fra tutti i condòmini, in proporzione al valore della quota di ciascuno, le spese che attengano a parti dell’edificio comune o ritenute tali in base a norma regolamentare e che adempiano, attraverso le opere poste in essere, ad una funzione di prevenzione di eventi che potrebbero interessare l’intero edificio condominiale”.

Così la Cassazione, con ordinanza n. 32463 del 13.12.2024.

POTERE DELL’AMMINISTRATORE DI COMPIERE ATTI CONSERVATIVI

“L’art. 1130 n. 4 c.c. – che attribuisce all’amministratore del condominio il potere di compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio – deve interpretarsi estensivamente, nel senso che, oltre agli atti conservativi necessari a evitare pregiudizi a questa o a quella parte comune, l’amministratore ha il potere-dovere di compiere analoghi atti per la salvaguardia dei diritti concernenti l’edificio condominiale unitariamente considerato”. In questa prospettiva, “rientra nel novero degli atti conservativi di cui all’art. 1130 n. 4 c.c. l’azione prevista dall’art. 1669 c.c. intesa a rimuovere i gravi difetti di costruzione, nel caso in cui questi riguardino l’intero edificio condominiale e i singoli appartamenti, vertendosi in una ipotesi di causa comune di danno, che abilita alternativamente l’amministratore del condominio e i singoli condòmini ad agire per il risarcimento, senza che possa farsi distinzione tra parti comuni e singoli appartamenti o parte di essi soltanto”. Così la Cassazione, con sentenza n. 31228 del 5.12.2024.

PRESUNZIONE DI COMUNIONE DELL’ALLOGGIO DEL PORTIERE

“Per stabilire se sia comune un locale tra quelli indicati dall’art. 1117, primo comma, n. 2, c.c. – in quanto suscettibili di utilizzazioni diverse e anche autonome –, occorre accertare se, prima della costituzione del condominio come conseguenza dell’alienazione dei singoli appartamenti da parte dell’originario proprietario dell’intero fabbricato, vi sia stata, espressamente o di fatto, una destinazione del bene al servizio comune ovvero se questa gli sia stata sottratta. In particolare, la destinazione dell’alloggio del portiere deve essere verificata ponendo attenzione non soltanto alla destinazione risultante per tabulas – ossia dichiarata nei rogiti di acquisto – ma anche di quella impressa all’immobile in via di fatto al momento della formazione del condominio stesso”.

Così la Cassazione, con ordinanza n. 31110 del 4.12.2024.

RIPARAZIONE DEL LASTRICO SOLARE AD USO ESCLUSIVO

“In tema di condominio negli edifici, qualora l’uso del lastrico solare (o della terrazza a livello) non sia comune a tutti i condòmini, dei danni da infiltrazioni nell’appartamento sottostante rispondono sia il proprietario, o l’usuario esclusivo, quale custode del bene ai sensi dell’art. 2051 c.c., sia il condominio in forza degli obblighi inerenti l’adozione dei controlli necessari alla conservazione delle parti comuni incombenti sull’amministratore ex art. 1130, primo comma, n. 4, c.c., nonché sull’assemblea dei condòmini ex art. 1135, primo comma, n. 4, c.c., tenuta a provvedere alle opere di manutenzione straordinaria; il concorso di tali responsabilità va di norma risolto, salva la rigorosa prova contraria della specifica imputabilità soggettiva del danno, secondo i criteri di cui all’art. 1126 c.c., che pone le spese di riparazione o di ricostruzione per un terzo a carico del proprietario o dell’usuario esclusivo del lastrico (o della terrazza) e per i restanti due terzi a carico del condominio”.

Così la Cassazione, con ordinanza n. 31053 del 4.12.2024.

DISTURBO DELLE OCCUPAZIONI O DEL RIPOSO DELLE PERSONE

In tema di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone, “perché sussista la contravvenzione di cui all’art. 659 c.p. relativamente ad attività che si svolge in ambito condominiale, è necessaria la produzione di rumori idonei ad arrecare disturbo o a turbare la quiete e le occupazioni non solo degli abitanti dell’appartamento sovrastante o sottostante la fonte di propagazione, ma di una più consistente parte degli occupanti il medesimo edificio”. Così la Cassazione penale, con sentenza n. 44261 del 3.12.2024.

INDIVIDUAZIONE DI BENI COMUNI

“L’individuazione delle parti comuni, come i lastrici solari, emergente dall’art. 1117 c.c., ed operante con riguardo a cose che, per le loro caratteristiche strutturali, non siano destinate oggettivamente al servizio esclusivo di una o più unità immobiliari, può essere superata soltanto dalle contrarie risultanze dell’atto costitutivo del condominio, ove questo contenga in modo chiaro e inequivoco elementi tali da escludere l’alienazione del diritto di condominio”. Così la Cassazione, con sentenza n. 30791 del 2.12.2024.

DIVIETO DI SOPRAELEVAZIONE

Il divieto di sopraelevazione per inidoneità delle condizioni statiche dell’edificio, previsto dall’art. 1127, secondo comma, c.c., va interpretato “non nel senso che la sopraelevazione è vietata soltanto se le strutture dell’edificio non consentono di sopportarne il peso, ma nel senso che il divieto sussiste anche nel caso in cui le strutture sono tali che, una volta elevata la nuova fabbrica, non consentano di sopportare l’urto di forze in movimento quali le sollecitazioni di origine sismica”. Pertanto, “qualora le leggi antisismiche prescrivano particolari cautele tecniche da adottarsi, in ragione delle caratteristiche del territorio, nella sopraelevazione degli edifici, esse sono da considerarsi integrative dell’art. 1127, secondo comma, c.c. e la loro inosservanza determina una presunzione di pericolosità della sopraelevazione che può essere vinta esclusivamente mediante la prova, incombente sull’autore della nuova fabbrica, che non solo la sopraelevazione, ma anche la struttura sottostante sia idonea a fronteggiare il rischio sismico”.

Così la Cassazione, con sentenza n. 31032 del 4.12.2024.

USO ESCLUSIVO DI AREA ESTERNA AL FABBRICATO

“Al fine di accertare se l’uso esclusivo di un’area esterna al fabbricato, altrimenti idonea a soddisfare le esigenze di accesso all’edificio di tutti i partecipanti, sia attribuito ad uno o più condòmini, è irrilevante la circostanza che l’area stessa, per la conformazione dei luoghi, sia stata di fatto goduta più proficuamente e frequentemente dal condomino titolare della contigua unità immobiliare adibita ad attività commerciale, occorrendo all’uopo un titolo di fonte negoziale (che può anche ravvisarsi nel regolamento condominiale c.d. contrattuale), posto in essere dall’originario unico proprietario dell’edificio, siccome legittimato all’instaurazione ed al successivo trasferimento del rapporto stesso ai sensi degli artt. 817, secondo comma, e 818 c.c., idoneo a conferire al bene natura pertinenziale e la cui interpretazione presuppone un apprezzamento di fatto rimesso al giudice di merito”.

Così la Cassazione, con ordinanza n. 30630 del 28.11.2024.

VINCOLO DI DESTINAZIONE DI ALLOGGIO AD USO PORTINERIA

“Il negozio con cui, successivamente alla costituzione del condominio, si imprime ad un immobile, ab origine di proprietà di uno dei condòmini, il vincolo di destinazione in perpetuo ad alloggio del portiere, non è sussumibile nella categoria delle obbligazioni propter rem, difettando il requisito della tipicità, giacché non esiste una disposizione di legge che contempli l’obbligazione reale tipica di concedere in uso perpetuo un bene immobile”. Piuttosto, detto vincolo “potrebbe in astratto ricevere una più appropriata qualificazione giuridica riconducendolo ad un rapporto di servitù, in virtù degli obblighi negativi sottesi a tale destinazione (…). Tale servitù, tuttavia, deve pur sempre rinvenire la sua fonte in un apposito titolo, debitamente trascritto, dal quale risulti la volontà di restringere permanentemente i poteri normalmente connessi alla proprietà di quel bene e ad assicurare correlativamente particolari vantaggi ed utilità alle altre unità immobiliari ed alle parti comuni, assumendo perciò carattere di realità, sì da inquadrarsi nello schema delle servitù ovvero nell’acquisto mediante usucapione (…). In assenza di tali presupposti, la materiale assegnazione di una porzione di fabbricato al servizio di portineria potrebbe assumere diverso rilievo nei limiti in cui risulti possibile la costituzione di servitù per destinazione del padre di famiglia, allorché le opere permanenti destinate all’esercizio della servitù medesima, predisposte dall’unico proprietario, preesistano al momento dell’atto di costituzione del condominio; di modo che, nell’ipotesi in cui l’unico proprietario del fabbricato provveda ad un’espressa esclusione della condominialità dei beni adibiti a portineria ed alloggio del portiere, tale riserva non può tuttavia risultare idonea ad evitare la costituzione di una servitù in favore delle unità immobiliari di proprietà esclusiva, per gli effetti dell’art. 1062 c.c.”.

Così la Cassazione, con sentenza n. 29199 del 12.11.2024.

PRESUNZIONE DI CONDOMINIALITÀ

“Per affermare la condominialità di un bene occorre gradatamente verificare dapprima che la res, per le sue caratteristiche strutturali, risulti destinata oggettivamente al servizio esclusivo di una o più unità immobiliari (…), e poi che sussista un titolo contrario alla «presunzione» di condominialità, facendo riferimento esclusivo al primo atto di trasferimento di un’unità immobiliare dell’originario proprietario ad altro soggetto. L’art. 1117 c.c., infatti, nel contemplare un elenco, non tassativo, di beni caratterizzati dalla loro attitudine oggettiva al godimento comune e dalla concreta destinazione dei medesimi al servizio comune (…), opera ogniqualvolta, nel silenzio del titolo, il bene, per le sue caratteristiche, sia suscettibile di utilizzazione da parte di tutti i proprietari esclusivi (…), in quanto detta una presunzione di comune appartenenza a tutti i condòmini che non può essere vinta con qualsiasi prova contraria, ma soltanto alla stregua delle (…) opposte risultanze di quel determinato titolo che ha dato luogo alla formazione del condominio per effetto del frazionamento dell’edificio in più proprietà individuali (…). In presenza di tale presunzione legale, il condominio è, dunque, dispensato dalla prova del suo diritto, ed in particolare dalla cosiddetta probatio diabolica, spettando invece al condomino che rivendichi la proprietà esclusiva di uno dei beni di cui al suddetto elenco dare la prova delle sue asserzioni, senza che a tal fine sia rilevante il titolo di acquisto proprio o del suo dante causa, ove non si tratti dell’atto costitutivo del condominio, ma di alienazione compiuta dall’iniziale unico proprietario che non si era riservato l’esclusiva titolarità del bene”.

Così la Cassazione, con ordinanza n. 30025 del 21.11.2024.

LAVORI EDILIZI IN CONDOMINIO E TITOLI AUTORIZZATIVI

“Qualora i lavori edilizi siano in grado di incidere su parti comuni del fabbricato e si tratti di opere non connesse all’uso normale della cosa comune (ex art. 1102 c.c.), essi abbisognano, in sede di rilascio del titolo autorizzativo, del previo assenso del condominio anche in relazione agli aspetti pubblicistici”.

Così il Tar della Lombardia (Brescia, sez. I), con sentenza n. 919 del 15.11.2024.

PROPOSIZIONE DI UNA DOMANDA DIRETTA ALL’ESTENSIONE DELLA PROPRIETÀ COMUNE

“In tema di condominio negli edifici, la proposizione di una domanda diretta alla estensione della proprietà comune mediante declaratoria di appartenenza al condominio di un’area adiacente al fabbricato condominiale, siccome acquistata per usucapione, implicando non solo l’accrescimento del diritto di comproprietà, ma anche la proporzionale assunzione degli obblighi e degli oneri ad esso correlati, esorbita dai poteri deliberativi dell’assemblea e dai poteri di rappresentanza dell’amministratore, il quale può esercitare la relativa azione solo in virtù di un mandato speciale rilasciato da ciascun condomino”.

Così la Cassazione, con ordinanza n. 28675 del 7.11.2024.

SUPERAMENTO DEI LIMITI DEL PARI USO DELLA COSA COMUNE

“In tema di condominio (…) il superamento dei limiti del pari uso della cosa comune, di cui all’art. 1102 c.c., che impedisce la modifica apportata alla stessa da un singolo condomino, si configura come un fatto costitutivo, inerente alle condizioni dell’azione esperita, sicché, a norma dell’art. 2697, primo comma, c.c., deve essere provato dalla parte che contesti l’uso della cosa operato da uno dei comproprietari, mentre la deduzione, da parte del convenuto, della legittimità della modifica costituisce un’eccezione in senso improprio, che, rilevabile dal giudice anche d’ufficio, non comporta alcun onere probatorio a carico del convenuto medesimo”.

Così la Cassazione, con ordinanza n. 28683 del 7.11.2024.

PRESUNZIONE DI COMUNIONE DELL’ANDRONE E DEL PORTONE D’INGRESSO

“Ai sensi dell’art. 1117 c.c. l’androne e il portone d’ingresso che siano strutturalmente e funzionalmente destinati (non oggettivamente al servizio esclusivo di una o più unità immobiliari, quanto) al servizio di più corpi di fabbrica che si sviluppano orizzontalmente, appartenenti a proprietari diversi, ma costituenti un’unica entità immobiliare, devono presumersi oggetto di comunione dei predetti proprietari, se il contrario non risulti dal titolo”. Così la Cassazione, con sentenza n. 28336 del 4.11.2024.

DOMANDA DI ACCERTAMENTO DELLA QUALITÀ DI CONDOMINO

“La domanda di accertamento della qualità di condomino, in quanto inerente all’esistenza del rapporto di condominialità ex art. 1117 c.c., non vede quale legittimato alla causa l’amministratore di condominio, in forza delle attribuzioni e del potere di rappresentanza di cui agli artt. 1130 e 1131 c.c., ed impone, piuttosto, la partecipazione di tutti i condòmini in una situazione di litisconsorzio necessario, postulando la definizione della vertenza una decisione implicante una statuizione in ordine a titoli di proprietà confliggenti fra loro, suscettibile di assumere valenza solo se, ed in quanto, data nei confronti di tutti i soggetti, asseriti partecipi del preteso unico condominio in discussione”.

Così la Cassazione, con sentenza n. 28336 del 4.11.2024.

DANNI CAGIONATI DA BENI COMUNI

“In caso di azione ex art. 2051 c.c. esperita da un condomino in relazione a danni alla sua proprietà individuale che originino da parti comuni, la domanda risarcitoria può essere proposta, ex art. 2055 c.c., nei riguardi di un singolo condomino e non necessariamente dell’intero condominio”.

Così la Cassazione, con ordinanza n. 26521 dell’11.10.2024.

AMMINISTRATORE ED ESERCIZIO DEL MANDATO

“L’amministratore di condominio configura un ufficio di diritto privato assimilabile al mandato con rappresentanza, con conseguente applicabilità delle disposizioni sul mandato. Consegue che, alla scadenza del mandato, l’amministratore è tenuto a restituire ciò che ha ricevuto nell’esercizio del mandato per conto del condominio, vale a dire tutto ciò che ha in cassa, indipendentemente dalla gestione alla quale le somme si riferiscono”.

Così il Tribunale di Pescara, con sentenza n. 1107 dell’1.10.2024.

DURATA DELL’INCARICO DI AMMINISTRATORE

“A norma dell’art. 1129, decimo comma, c.c., l’incarico di amministratore ha durata di un anno e si intende rinnovato per eguale durata: la disposizione va (…) interpretata nel senso che il rinnovo dell’incarico sia automatico, sulla base del semplice assenso da parte dell’assemblea; tale principio è smentito solo da una contraria espressa manifestazione di volontà dei condòmini, diretta a revocare l’incarico o a prevedere espressamente nel regolamento condominiale la non rinnovabilità dello stesso. Deve, pertanto, ritenersi che, essendo prevista la possibilità del tacito rinnovo dell’incarico di amministratore di condominio, a fortiori tale rinnovo possa essere deliberato dall’assemblea dei condòmini senza il rispetto della maggioranza prevista dall’art. 1136, quarto comma, c.c. per le ipotesi di nomina e revoca dell’amministratore di condominio.

Così il Tribunale di Bari, con sentenza n. 4007 dell’1.10.2024.

CONDOMINIO ORIZZONTALE

“La disciplina del condominio degli edifici, di cui agli artt. 1117 c.c. e ss., è ravvisabile ogni qual volta sia accertato in fatto un rapporto di accessorietà necessaria che lega alcune parti comuni, quale quelle elencate in via esemplificativa – se il contrario non risulta dal titolo – dall’art. 1117 c.c., a porzioni, o unità immobiliari, di proprietà singola, delle quali le prime rendono possibile l’esistenza stessa o l’uso. La nozione di condominio si configura, pertanto, non solo nell’ipotesi di fabbricati che si estendono in senso verticale, ma anche nel caso di più unità immobiliari o più edifici adiacenti orizzontalmente, purché aventi in comune alcuna delle parti necessarie all’uso collettivo, o delle aree, delle opere, delle installazioni o dei manufatti destinati, per caratteristiche strutturali e funzionali, all’uso comune ai sensi dell’art. 1117 c.c. (art. 1117-bis c.c.). Quando, invece, manchi un così stretto nesso strutturale, materiale e funzionale, la condominialità di un complesso immobiliare, che comprenda porzioni eterogenee per struttura e destinazione, può essere comunque frutto della autonomia privata”.

Così la Cassazione, con ordinanza n. 28268 del 4.11.2024.

“In tema di condominio, in considerazione del rapporto di accessorietà necessaria che lega le parti comuni dell’edificio alle proprietà singole, delle quali le prime rendono possibile l’esistenza stessa o l’uso, la condominialità non è esclusa per il solo fatto che le costruzioni siano realizzate, anziché come porzioni di piano l’una sull’altra (condominio verticale), quali proprietà singole in sequenza (villette a schiera, condominio in orizzontale), poiché la nozione di condominio è configurabile anche nel caso di immobili adiacenti orizzontalmente in senso proprio, purché dotati delle strutture portanti e degli impianti essenziali indicati dall’art. 1117 c.c.. Infatti, laddove si tratti di un unico corpo di fabbrica, dotato di fondamenta unitarie, all’interno del quale prendono vita varie unità immobiliari, in assenza di giunto di dilatazione, la nozione di condominio è configurabile anche nel caso di immobili adiacenti orizzontalmente in senso proprio, purché dotati delle strutture portanti e degli impianti essenziali indicati dall’art. 1117 c.c.”.

Così la Corte di Appello di Messina, con sentenza n. 817 del 23.9.2024.

FONDO CASSA

“La previsione di un fondo cassa alimentato con le anticipazioni da parte dei condòmini o con l’accantonamento di eventuali entrate è, sotto tale riguardo, del tutto legittima e non viola la necessaria dimensione annuale della gestione condominiale”.
Così la Cassazione, con ordinanza n. 23893 del 5.9.2024.

RESPONSABILITÀ PER DANNI DERIVANTI DA LASTRICO SOLARE O TERRAZZA A LIVELLO

“La responsabilità per i danni derivanti dal lastrico solare, o della terrazza a livello, il cui uso non sia comune a tutti i condòmini va qualificata non nell’ambito dei rapporti di natura obbligatoria che si instaurano nel condominio in forza della coesistenza delle proprietà individuali con quelle comuni (nella specie di obbligazioni propter rem), ma nell’ambito della responsabilità aquilana, ex art. 2051 c.c., con la conseguenza che dei relativi danni rispondono sia il proprietario, o l’usuario esclusivo, quale custode del bene ai sensi dell’art. 2051 c.c., sia il condominio in forza degli obblighi inerenti l’adozione dei controlli necessari alla conservazione delle parti comuni incombenti sull’amministratore ai sensi dell’art. 1130, primo comma, n. 4, c.c., nonché sull’assemblea dei condòmini ex art. 1135, primo comma, n. 4, c.c., tenuta a provvedere alle opere di manutenzione straordinaria”.

Così la Cassazione, con ordinanza n. 25802 del 26.9.2024.

MANCATA COMUNICAZIONE DELL’AVVISO DI CONVOCAZIONE

“La mancata comunicazione a taluno dei condòmini dell’avviso di convocazione dell’assemblea condominiale, in quanto vizio procedimentale, comporta l’annullabilità della delibera condominiale; ne consegue che la legittimazione a domandare il relativo annullamento spetta, ai sensi degli artt. 1441 e 1324 c.c., unicamente al singolo avente diritto pretermesso, sul quale grava l’onere di dedurre e provare, in caso di contestazione, i fatti dai quali l’omessa comunicazione risulti”.

Così il Tribunale di Roma, con sentenza n. 13794 del 10.9.2024.

PROPRIETÀ ESCLUSIVA DI UN BENE ELENCATO NELL’ART. 1117 C.C.

“Spetta al condomino, che pretenda l’appartenenza esclusiva di un bene (…) compreso tra quelli elencati espressamente o per relationem dall’art. 1117 c.c., dar prova della sua asserita proprietà esclusiva derivante da titolo contrario; in difetto di tale prova, infatti, deve essere affermata l’appartenenza dei suddetti beni indistintamente a tutti i condòmini”.

Così la Corte di appello di Bari, con sentenza n. 1125 del 10.9.2024.

CONSIGLIO DI CONDOMINIO

“L’assemblea condominiale può certamente deliberare la nomina di una commissione di condòmini con l’incarico di esaminare i preventivi di spesa per l’esecuzione di lavori, ma le decisioni di tale più ristretto consesso condominiale sono vincolanti per tutti i condòmini – anche dissenzienti – solamente in quanto rimesse alla successiva approvazione, con le maggioranze prescritte, dell’assemblea, le cui funzioni non sono delegabili ad un gruppo di condòmini”.

Così il Tribunale di Roma, con sentenza n. 13773 del 9.9.2024.

COMUNICAZIONE DEL VERBALE ASSEMBLEARE AL CONDOMINO ASSENTE

“In capo al condomino assente non può essere posto un dovere di attivarsi per conoscere le decisioni adottate dall’assemblea ove difetti la prova dell’avvenuto recapito, al suo indirizzo, del verbale che le contenga, giacché soltanto in forza di detto recapito sorge la presunzione, iuris tantum, di conoscenza posta dall’art. 1335 c.c., e non già in conseguenza del mancato esercizio, da parte dello stesso destinatario del verbale assembleare, della diligenza nel seguire l’andamento della gestione comune e nel documentarsi su di essa”.

Così il Tribunale di Torre Annunziata, con sentenza n. 2463 del 6.9.2024.

DOCUMENTAZIONE CONTABILE CONDOMINIALE

L’amministratore di condominio “non ha l’obbligo di depositare la documentazione giustificativa del bilancio negli edifici, essendo tenuto a permettere ai condòmini che ne facciano richiesta di prendere visione ed estrarre copia, a loro spese, gravando su questi ultimi l’onere di dimostrare che l’amministratore non ha consentito di esercitare detta facoltà”. Così la Cassazione, con ordinanza n. 23893 del 5.9.2024.

ASSEGNAZIONE IN VIA ESCLUSIVA DI POSTI MACCHINA IN AREA CONDOMINIALE

L’assegnazione, in via esclusiva e per un tempo indefinito (al di fuori, dunque, da ogni logica di turnazione), di posti macchina all’interno di un’area condominiale è illegittima, “in quanto determina una limitazione dell’uso e del godimento che gli altri condòmini hanno diritto di esercitare sul bene comune”.

Così il Tribunale di Roma, con sentenza n. 13631 del 2.9.2024.

RESPONSABILITÀ DEL CONDOMINIO PER I DANNI PROVOCATI DALLE COSE COMUNI

Il condominio di un edificio, quale custode dei beni e dei servizi comuni, “è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché le cose comuni non rechino pregiudizio ad alcuno e risponde in base all’art. 2051 c.c. dei danni da queste cagionati, ancorché i danni siano imputabili a vizi edificatori dello stabile, comportanti la concorrente responsabilità del costruttore-venditore, ai sensi dell’art. 1669 c.c., non potendosi equiparare i difetti originari dell’immobile al caso fortuito, che costituisce unica causa di esonero del custode dalla responsabilità ex art. 2051 c.c.”.

Così il Tribunale di Lariano, con sentenza n. 427 del 28.8.2024.

CONDOMINIO PARZIALE

“Il condominio parziale opera (…) sul piano della semplificazione dei rapporti gestori interni alla collettività condominiale per permettere che, quando all’ordine del giorno dell’assemblea vi siano argomenti che interessino la comunione di determinati beni o servizi limitati soltanto ad alcuni condòmini, il quorum, tanto costitutivo quanto deliberativo, debba essere calcolato con esclusivo riferimento alle unità immobiliari e ai condòmini direttamente interessati (…). Tale interpretazione sembra aver ricevuto un esplicito riconoscimento dalla «riforma del condominio» (l. n. 220 del 2012) secondo cui «l’assemblea non può deliberare, se non consta che tutti gli aventi diritto sono stati regolarmente convocati» (nuovo testo del penultimo comma dell’art. 1136 del codice civile rispetto al precedente che parlava di «tutti i condomini»). Ciò comporta che le delibere assunte dall’assemblea del condominio parziale non devono necessariamente coinvolgere quei condòmini che non ne fanno parte perché non riceventi alcuna utilità dalla loro approvazione: ne deriva che non sussiste il diritto di partecipare all’assemblea relativamente alle cose, ai servizi, agli impianti, da parte di coloro che non ne hanno la titolarità”.

Così il Tribunale di Firenze, con sentenza n. 2694 del 28.8.2024.

CONTENUTO DEL VERBALE DI ASSEMBLEA

“Non è annullabile la deliberazione il cui verbale, ancorché non riporti l’indicazione nominativa dei condòmini che hanno votato a favore, cionondimeno contenga l’elenco di tutti i condòmini presenti, con i relativi millesimi e rechi, altresì, l’indicazione nominativa di quelli che si sono astenuti e di quelli che hanno votato contro, nonché del valore complessivo delle rispettive quote millesimali, consentendo tali dati di stabilire con sicurezza, per differenza, quanti e quali condòmini hanno espresso voto favorevole, nonché di verificare che la deliberazione assunta abbia superato il quorum richiesto dall’art. 1136 c.c.”.

Così il Tribunale di Firenze, con sentenza n. 2694 del 28.8.2024.

Iscriviti alla nostra pagina Facebook

CATEGORIE

Confedilizi Panorama Firenze

Crediti

Confedilizia Associazione di Firenze P.IVA 04576770483