ICI ED EDIFICIO IN ROVINA

COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIA_ LE DI AREZZO Sez. II, 8 novembre 2001, n. 164. Pres. Parca – Est. Riccarelli – Ric. Dini. – COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIA_ LE DI AREZZO Sez. II, 8 novembre 2001, n. 164. Pres. Parca – Est. Riccarelli – Ric. Dini.

 

COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIA_ LE DI AREZZO Sez. II, 8 novembre 2001, n. 164. Pres. Parca – Est. Riccarelli – Ric. Dini.
Tributi degli enti pubblici locali – Imposta comunale sugli immobili – Edificio in rovina – Tassabilità – Quale area edificabile – Sussiste.
Ai fini Ici, un edificio in rovina, dichiarato collabente dall’Ufficio tecnico erariale, non può essere qualificato come fabbricato inagibile ex art. 8 D.L.vo n. 504/92, bensì come – area edificabile. (D.L.vo 30 dicembre 1992, n. 504, art. 8) W
(1) Soluzione degna di attenzione per la sostanziale novità dell’analisi posta a fondamento della soluzione accolta dai giudici tributari.
Si tratta di stabilire se un fabbricato in rovina, dichiarato collabente dall’ufficio tecnico erariale, debba essere o meno assoggettato ad lei. Non rientra tra le esenzioni previste dall’art. 7 della legge n. 504/92 dell’Ici (vedasi anche art. 5).
~ Per rispondere al quesito e; per stabìlire se un rudere debba essere ricompreso nella categoria di fabbricato inagibile, oppure di area fabbricabile, è necessario determinare la nozione di fabbricato inagibile e quella di area fabbricabile, e indicare le differenze delle due nozioni.
Facciamo una premessa relativa alle aree edificabili. – In base alla legge 8 luglio 1904 n. 320 erano considerate aree fabbricabilí gli appezzamenti di terreno compresi in rete stradale i quali non fossero adibiti ad uso agricolo od industriale. La imposta veniva a colpire il presumibile incremento di valore dell’arca; e si basava sulla considerazione che quelle aree, nel volgere di pochi anni, venissero a conseguire un notevole aumento di valore. In sostanza era una imposta contro la speculazione dei proprietari terrieri.
Il R.D. 18 novembre 1923 n. 2538 sostituì l’imposta sulle aree fabbricabili con là facoltà concessa aì comunì di-istituire i cosiddetti contributi di miglioria che dovevano ripagare i vantaggi procurati ai privati dalla esecuzione di determinate opere pubbliche. I contributi dovevano essere considerati una tassa piuttosto che una imposta. E colpivano il plusvalore determinato in base alla differenza fra il prezzo – di mercato dei beni in assenza dell’opera, e quello degli stessi beni ad opera compiuta. Il plusvalore così determinato costituiva materia imponibile.
Con la novella dei 1941, e là istituzione dei piani regolatori, vennero delimitate le aree fabbricabili; gli indici di fabbricabilità; le opere di urbanizzazione; e la disciplina normativa assunse i termini più circostanziati della legislazione attuale.
Analoga premessa deve essere fatta per i fabbricati.
Già all’epoca dei comuni, a Venezia venne imposta una «decima» sul prodotto degli immobili, commisurato al valore locativo; ma solo con la formazione degli stati nazionali si venne definitivamente a distinguere tra area ed edificio su essa costruito; e la imposta sui fabbricati venne a colpire il prodotto netto dei fabbricati comprensivo del reddito dell’area e dei capitali impiegati nella costruzione.
Si disse:
dal puno di vista economico il prodotto dei fabbricati è costituito:
a} dal prodotto dell’area;
b) dall’interesse del capitale investito nella costruzione. II prodotto dell’area dipende dalla posizione (il valore cresce quanto più le aree sono prossime al centro della città); alle vie percorse da servizi pubblici di trasporto; ai centri di attività cittadina; e dipende dallo sviluppo della città. L’interesse del capitale investito nella costruzione, a differenza del valore dell’area è un elemento quasi costante variando poco il costo delle costruzioni sia che avvengano al centro della città, o in periferia. Da ciò deriva che mentre per le case centrali il reddito dell’edificio è costituito per la massima parte dall’area, per le case periferiche è costituito quasi totalmente dall’interesse del capitale impiegato nelle costruzioni.
In sostanza il fondamento economico della imposta sui fabbricati sta nell’esistenza di un prodotto netto che attribuisce una specifica capacità contributiva al suo percettore.
Difatti solo chi percepisce e gode il prodotto del fabbricato, presenta una capacità contributiva.
Oggetto della obbligazione tributaria è una percentuale del reddito netto dei fabbricati.
In parole povere: la misura della imposta è rapportata alla misura delle pigioni.
Dalle premesse che abbiamo fatte sulla nozione di arca fabbricabile e sulla nozione di fabbricato, ne discende che la imposta sull’area viene a colpire l’incremento di valore; la plusvalenza; il plusvalore, dovuto alla maggiore domanda di terra di chi vuole costruire (rispetto alla domanda di terra di chi vuole coltivare).
Dalle premesse fatte, discende che l’imposta sui fabbricati viene a colpire il prodotto netto del fabbricato; una percentuale di reddito del fabbricato; il prodotto del fabbricato: delle pigioni (il cosiddetto valore locativo).
Si tratta di imposte diversissime; che hanno un diverso fondamento economico giuridico; e bersagli differenziati: da una parte la speculazione del proprietario terriero; da un’altra parte la capacità contributiva del locatore. L’una ha la natura dell’Invim, l’altra dell’Irpef.
Tiriamo le somme, ed applichiamo le considerazioni svolte al caso concreto (e cioè alla tassabilità del rudere). I1 rudere, dal punto di vista fiscale, deve essere considerato un’area edificabile; oppure un fabbricato inagibile? Nel nostro caso si tratta di un vero e proprio mucchio di sassi.
Non di fabbricato da ristrutturare; ma di fabbricato da ricostruire (vedi il fascicolo fotografico in atti), dopo avere abbattuto le parti di muro ancora in piedi.
L’imposta sui fabbricati colpisce: a) il prodotto dell’area;
b) l’interesse del capitale investito nella costruzione. Una volta ritenuto che il capitale investito nella costruzione è andato distrutto con il crollo delle mura; che non esiste valore locativo perché l’immobile non è locabile; che non esiste interesse del capitale investito nella costruzione; per forza di cose bisogna concludere che oggetto della obbligazione tributaria è il prodotto dell’area. Punto e basta_ Se l’imposta dei fabbricati colpisce il prodotto dell’area (A) ed insieme colpisce l’interesse del capitale investito nella
costruzione (B) una volta accertato che è venuto meno il capitale investito nella costruzione (è venuto meno perché la costruzione è crollata) l’unico bersaglio da colpire rimane il prodotto dell’area (e cioè rimane l’area fabbricabile).
Si vera smt esposita, la Commissione deve concludere che l’immobile del ricorrente, costituito da un rudere, deve essere assoggettato alla imposta sulle aree fabbricabili.
In punto di spese la Commissione deve affermare che il ricorrente è nella più assoluta buona fede e che tanto il ricorrente quanto il comune sono caduti in errore (entrambi discutevano di imposta sui fabbricati mentre si tratta di imposta sulle aree fabbricabili).
Sono caduti in errore a cagione della complessità della controversia, e della poca chiarezza legislativa (il legislatore parla di fabbricato agibile; e di fabbricato inagibile; ma non parla dì fabbricato diruto).
In definitiva l’erronea interpretazione del ricorrente e del comune appare obiettivamente giustificata, e legittima la compensazione delle spese.
Sussistono i gravi motivi per compensare le ‘spese. (Ornis.ris).

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