SERVITÙ: VEDUTA E ONERE DELLA PROVA

“Chi agisce giudizialmente per fare dichiarare la inesistenza a carico del proprio fondo di una
servitù di veduta diretta deve limitarsi a provare che sul fondo del vicino si apre una veduta a
distanza inferiore a un metro e mezzo dal confine, in quanto l’art. 905 cod. civ. gli dà diritto di
pretenderne l’eliminazione, mentre incombe al convenuto, ai sensi dell’art. 2697 cod. civ., per
evitare il riconoscimento di tale diritto, fornire la prova di un titolo che gli attribuisca la servitù
di veduta. Soltanto se affermi che la veduta sia stata aperta in sostituzione di un’altra veduta
di cui ammetta o non contesti la conformità al diritto, l’attore deve, altresì, dimostrare il
presupposto su cui si basa la sua pretesa, cioè la difformità della nuova veduta rispetto a
quella preesistente”.


Così la Cassazione, con sentenza n. 1614 del 19.1.2022

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