GIURISPRUDENZA SUGLI IMMOBILI: IL CONDOMINIO (agg. marzo 2025)
Usucapione di un bene comune
“Il partecipante alla comunione che intenda dimostrare l’intenzione di possedere non a titolo di compossesso, ma di possesso esclusivo (uti dominus), non ha la necessità di compiere atti di interversio possessionis alla stregua dell’art. 1164 c.c., dovendo, peraltro, il mutamento del titolo consistere in atti integranti un comportamento durevole, tali da evidenziare un possesso esclusivo ed animo domini della cosa, incompatibile con il permanere del compossesso altrui, non essendo al riguardo sufficienti atti soltanto di gestione, consentiti al singolo compartecipante o anche atti familiarmente tollerati dagli altri, o ancora atti che, comportando solo il soddisfacimento di obblighi o l’erogazione di spese per il miglior godimento della cosa comune, non possono dare luogo ad una estensione del potere di fatto sulla cosa nella sfera di altro compossessore”.
Così la Cassazione, con ordinanza n. 6843 del 14.3.2025.
Obbligo di comunicazione dei dati dei condòmini morosi
“L’obbligo di comunicazione previsto dal primo comma dell’art. 63 delle disp. att. c.c. è solo funzionale al rispetto da parte dei creditori dell’obbligo, fissato dal secondo comma della disposizione, di agire nei confronti dei condòmini in regola con i pagamenti solo dopo avere inutilmente aggredito i condòmini morosi. Si tratta di un obbligo derivante dalla legge e gravante sull’amministratore in proprio e non quale amministratore del condominio, la cui violazione integra un’ipotesi di responsabilità aquiliana. Il ritardo dell’amministratore nella comunicazione al terzo creditore dei dati dei condòmini morosi è, infatti, potenzialmente idoneo a causare un danno allo stesso creditore, per via del rallentamento provocato alla realizzazione coattiva delle sue ragioni. Mentre, in qualità di rappresentante del condominio, gli effetti dell’attività dell’amministratore che pone in essere nello svolgimento del suo incarico sono imputabili direttamente al condominio, con riferimento alla comunicazione dei nominativi dei condòmini morosi, l’amministratore è destinatario di un comando fissato dalla legge a tutela dei creditori del condominio. Ne consegue che legittimato passivo nell’azione di condanna alla comunicazione dei dati dei morosi è l’amministratore in proprio e non il condominio in persona dell’amministratore. Poiché la consegna dei dati dei morosi al terzo creditore non rientra tra le attribuzioni dispositive ed i poteri rappresentativi dell’amministratore riferibili al condominio alla luce degli artt. 1130 e 1131 c.c., dall’omessa o intempestiva esecuzione di essa non può ridondare alcuna responsabilità ricadente nella sfera giuridica del condominio, e la conseguente condanna deve essere emessa in danno dell’amministratore in proprio”.
Così il Tribunale di Como, con sentenza n. 163 del 5.3.2025.
Locale destinato in perpetuo ad alloggio del portiere
“Il negozio con cui, successivamente alla costituzione del condominio, si imprime ad un immobile, ab origine di proprietà di uno dei condòmini, il vincolo di destinazione in perpetuo ad alloggio del portiere, non è sussumibile nella categoria delle obbligazioni propter rem, difettando il requisito della tipicità, giacché non esiste una disposizione di legge che contempli l’obbligazione reale tipica di concedere in uso perpetuo un bene immobile”.
Così la Cassazione, con ordinanza n. 6819 del 14.3.2025.
Compenso per locale adibito allo svolgimento di servizio di portierato
“Il compenso dovuto dal condominio ai proprietari di un alloggio costituente pertinenza destinata al servizio delle unità abitative condominiali, in quanto adibito allo svolgimento del servizio di portierato, deriva la propria causa debendi da un rapporto obbligatorio analogo a quello di locazione, essendo, al pari di questo, a causa onerosa e giustificato da uno scambio periodico tra godimento del bene e corrispettivo in denaro. Ne consegue che il credito pecuniario derivante da tale rapporto si prescrive nel termine previsto, a norma dell’art. 2948, n. 3, c.c., per le pigioni delle case, i fitti dei beni rustici e ogni altro corrispettivo di locazioni”. Così la Cassazione, con ordinanza n. 6819 del 14.3.2025.
Attività di amministratore di condominio e di agente immobiliare
“Un’incompatibilità stabilita a priori dell’esercizio congiunto delle attività di amministratore di condòmini ed agente immobiliare è contraria ai principi ed al diritto dell’Unione europea”. Ciò, in base a quanto statuito dalla Corte di giustizia dell’Ue secondo cui “l’articolo 25, paragrafo 1, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12.12.2006, relativa ai servizi nel mercato interno, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che prevede, in via generale, un’incompatibilità tra l’attività di mediazione immobiliare e quella di amministratore di condomini, esercitate congiuntamente”. Pertanto, non sussiste alcuna ragione per vietare in astratto l’esercizio contestuale delle due attività laddove si svolga intermediazione di immobili che non siano anche, contemporaneamente, amministrati.
Così il Consiglio di Stato, con sentenza n. 1925 del 7.3.2025.
Differenza tra innovazioni e modificazioni
“Le innovazioni di cui all’art. 1120 c.c. si distinguono dalle modificazioni disciplinate dall’art. 1102 c.c., sia dal punto di vista oggettivo, che da quello soggettivo: sotto il profilo oggettivo, le prime consistono in opere di trasformazione, che incidono sull’essenza della cosa comune, alterandone l’originaria funzione e destinazione, mentre le seconde si inquadrano nelle facoltà riconosciute al condomino, con i limiti indicati nello stesso art. 1102 c.c., per ottenere la migliore, più comoda e razionale utilizzazione della cosa; per quanto concerne, poi, l’aspetto soggettivo, nelle innovazioni rileva l’interesse collettivo di una maggioranza qualificata, espresso con una deliberazione dell’assemblea, elemento che invece difetta nelle modificazioni, che non si confrontano con un interesse generale, bensì con quello del singolo condomino, al cui perseguimento sono rivolte”.
Così la Cassazione, con ordinanza n. 5533 del 2.3.2025.
Delibera con oggetto impossibile
La deliberazione dell’assemblea dei condòmini deve ritenersi affetta da nullità, tra le altre ipotesi, in caso di impossibilità dell’oggetto, in senso materiale o in senso giuridico, da intendersi riferito al contenuto (c.d. decisum) della deliberazione. “L’impossibilità giuridica dell’oggetto, in particolare, va valutata in relazione alle «attribuzioni» proprie dell’assemblea: quest’ultima, quale organo deliberativo della collettività condominiale, può occuparsi solo della gestione dei beni e dei servizi comuni. Perciò, l’assemblea non può (…) occuparsi dei beni appartenenti in proprietà esclusiva ai singoli condòmini o a terzi, giacché qualsiasi decisione che non attenga alle parti comuni dell’edificio non può essere adottata seguendo il metodo decisionale dell’assemblea, che è il metodo della maggioranza, ma esige il ricorso al metodo contrattuale, fondato sul consenso dei singoli proprietari esclusivi”.
Così la Cassazione, con ordinanza n. 5528 del 2.3.2025.
Uso del bene comune
“Quando tra alcuni comunisti insorga controversia sulle modalità di uso della cosa comune, ancorché riguardanti una modificazione che, non incidendo sull’estensione dei diritti degli altri partecipanti (art. 1102, comma secondo, c.c.) né eccedendo l’ordinaria amministrazione (art. 1108 c.c.), tende al suo migliore godimento, nel giudizio instaurato fra i comunisti in disaccordo, non v’è litisconsorzio necessario di tutti gli altri partecipanti alla comunione”. Così la Cassazione, con ordinanza n. 5302 del 28.2.2025.
Diritto di querela del conduttore per danneggiamento delle parti comuni
Il conduttore di un appartamento è legittimato a sporgere querela in relazione ai danni causati alle parti comuni del condominio. Del resto, “il diritto di querela per il reato previsto dall’art. 635 c.p. spetta anche a chi abbia solo un rapporto di fatto di origine non illegale con la cosa danneggiata, in quanto la tutela accordata dalla indicata previsione incriminatrice si riferisce a qualunque soggetto che, per un qualsiasi titolo giuridico, utilizzi il bene interessato o comunque ne riceva una utilità”. E, con particolare riguardo alla locazione, va rammentato che il relativo “contratto comporta il trasferimento al conduttore dell’uso e del godimento sia della singola unità immobiliare sia dei servizi accessori e delle parti comuni dell’edificio”.
Così la Cassazione penale, con sentenza n. 8101 del 27.2.2025.
Diritto del conduttore di utilizzo delle parti comuni
“Il conduttore, cui è consentito trarre dalla cosa locata tutte le utilità inerenti al suo normale godimento, escluse solamente quelle espressamente vietate dal contratto o confliggenti con il diritto del locatore o di terzi, può utilizzare le parti comuni dell’edificio condominiale, ove è sito l’immobile locatogli, con eguale contenuto ed eguali modalità del potere di utilizzazione spettante al proprietario”.
Così la Cassazione penale, con sentenza n. 8101 del 27.2.2025.
Legittimazione dell’amministratore alla nomina del difensore del condominio
L’amministratore condominiale ha un’autonoma legittimazione alla nomina del difensore del condominio amministrato, pur in assenza di preventiva autorizzazione assembleare, ove la controversia rientri nell’ambito delle attribuzioni di cui all’art. 1131 c.c., a nulla rilevando il fatto che il terzo abbia “invocato la responsabilità extracontrattuale ex art. 2051 c.c. del condominio e non la responsabilità contrattuale dell’amministratore verso i condòmini per l’inadempimento delle obbligazioni contrattuali assunte verso di essi, in quanto comunque l’amministratore deve compiere gli atti conservativi dei beni comuni, e nelle liti passive promosse da terzi per il risarcimento dei danni provocati da cose comuni, soggette a quell’obbligo di conservazione, rappresenta i condòmini custodi dei beni comuni”.
Così la Cassazione, con ordinanza n. 2119 del 29.1.2025.
Diritto di sopraelevazione
“Nel caso di sopraelevazione, il nuovo lastrico rimane di proprietà del titolare del precedente lastrico, indipendentemente dalla proprietà della costruzione. Il diritto di superficie, infatti, salvo che il titolo non ponga limiti di altezza al diritto di sopraelevazione, non si esaurisce con l’erezione della costruzione sul lastrico, né il nuovo lastrico si trasforma in bene condominiale, poiché il titolare della superficie, allorché eleva una nuova costruzione, anche se entra automaticamente nel condominio per le parti comuni ad esso, ha un solo obbligo nei confronti dello stesso, cioè quello di dare un tetto all’edificio, restando, tuttavia, sempre titolare del diritto di sopralzo, che è indipendente dalla proprietà della costruzione”.
Così la Cassazione, con ordinanza n. 1725 del 24.1.2025.
Ripartizione delle spese
In tema di condominio negli edifici “ove manchi una diversa convenzione adottata all’unanimità, che sia espressione dell’autonomia contrattuale, la ripartizione delle spese generali deve necessariamente avvenire secondo i criteri di proporzionalità, fissati nell’art. 1123, primo comma, c.c.”.
Così la Corte di Appello di Bari, con sentenza n. 38 del 13.1.2025.
Limiti delle delibere assembleari
“Le deliberazioni assunte dall’assemblea, aventi natura di atti negoziali espressione della maggioranza e non della volontà assembleare, devono avere ad oggetto le sole materie ad essa attribuite, le quali afferiscono alla gestione dei beni e dei servizi comuni, ma non anche ai beni appartenenti in proprietà esclusiva ai singoli condòmini o a terzi, come (…) i muri perimetrali di proprietà esclusiva, quand’anche attraversati da tubazioni, canali e altro necessario al servizio degli alloggi soprastanti, rispetto ai quali operano semmai, in assenza di diversa, specificapattuizione avente forma scritta, i criteri di cui all’art. 1069 c.c., sicché la deliberazione assembleare che approvi e ripartisca una spesa priva di inerenza alla gestione condominiale è affetta da nullità”.
Così il Tribunale di Torino, con sentenza n. 175 del 13.1.2025.
Annullamento delle delibere assembleari
“In tema di condominio degli edifici, l’azione di annullamento delle delibere assembleari costituisce la regola generale, ai sensi dell’art. 1137 c.c., come modificato dall’art. 15 della l. n. 220 del 2012, mentre la categoria della nullità ha un’estensione residuale ed è rinvenibile nelle seguenti ipotesi: mancanza originaria degli elementi costitutivi essenziali, impossibilità dell’oggetto in senso materiale o giuridico – quest’ultima da valutarsi in relazione al «difetto assoluto di attribuzioni» –, contenuto illecito, ossia contrario a «norme imperative» o all’«ordine pubblico» o al «buon costume»”.
Così il Tribunale di Torino, con sentenza n. 175 del 13.1.2025.